Le storie di ISAL

Le storie di Paola: La storia di Rosangela

Ciao a tutti,
eccoci ancora con una storia del nostro gruppo, una delle tante che sembra avere origine da un errore terapeutico e, soprattutto dalla poca chiarezza da parte di un ortopedico che sembra improvvisarsi neurochirurgo senza sentire il dovere di informare la paziente, confusa e preoccupata, della sua specialità non proprio idonea al tipo di intervento che si appresta ad affrontare. Anche questo problema, purtroppo, è uno dei più frequenti che hanno contribuito a distruggere la vita di molti dei nostri iscritti. 
Mi chiamo Rosangela e la mia strada in salita comincia 37 anni fa in un modo tra i più dolorosi e difficili da affrontare.
Al quinto mese  di gravidanza cado accidentalmente dalle scale e perdo il bambino che porto in grembo. Sono nel dolore  più totale, ma… dopo due mesi dall’ accaduto, ancora in pieno lutto, comincio ad avere dolori alla schiena via via sempre più ingravescenti fino a che non decido di rivolgermi al medico, il quale mi prescive una TAC alla colonna che dà un referto di ERNIA DISCALE L4-L5.
Gli specialisti a cui mi rivolgo mi dicono che sono troppo giovane per pensare all’intervento chirurgico quindi, per ben 13 anni, mi attengo alle varie prescrizioni che mi vengono man mano proposte e mi destreggio tra terapie farmacologiche, ozono-terapia, massaggi e manipolazioni senza alcun beneficio, tanto da arrivare a non riuscire più ad appoggiare la gamba destra per il grande dolore. Dopo tutti questi anni mi  rivolgo nuovamente al medico di famiglia che mi consiglia un consulto presso un sanitario che lavora nell’ospedale di Torrette (Ancona).
Mi viene prescritta la solita terapia farmacologica con la prospettiva di un intervento chirurgico nel caso in cui la cura dovesse fallire. Neanche a dirlo, i farmaci non mi portano alcun beneficio!
Dolore e senso di frustrazione mi inducono inevitabilmente a dover decidere per l’opzione invasiva.
Affronto l’operazione, ma dopo 2 giorni dalla stessa mi rendo conto che il dolore alla gamba è rimasto identico a prima, lo faccio presente ai medici, mi viene eseguita una RMN e il referto mi fa piombare nell’angoscia… l’ernia è ancora presente!
La cosa che ancora non mi si toglie dalla testa, e che non dimenticherò mai, è che il medico che mi ha operato commentò con questa frase: “Rosangela, che le devo dire, non tutte le ciambelle vengono col buco”.
Peccato che io non sia una ciambella!!!!!
Dopo 18 giorni si decide per il secondo intervento, non so descrivere la paura nel dover riaffrontare un’altra volta lo stesso percorso con una preoccupazione centuplicata e il terrore di un secondo fallimento, per fortuna però tutto va bene, l’ernia questa volta è stata asportata.
Torno a casa e grazie a Dio comincio a stare meglio.
Tra parentesi, dopo un po’ di tempo dalla dimissione vengo a sapere che il medico che mi ha operato non è un neurochirurgo, ma un ortopedico che si occupa di patologie del ginocchio…
Passano un po’ di anni, tutto sommato sto benino, ogni tanto ho dolori importanti con conseguenti “blocchi” alla schiena, ma con l’aiuto del cortisone riesco a tirare avanti.
Scoprirò poi che nella mia colonna cominciano a fioccare protrusioni ed ernie e nel frattempo comincia a farmi compagnia un nuovo dolore alla gamba.
Siamo nel 2015, il dolore questa volta si sposta nella parte anteriore e ancora una volta mi rivolgo agli specialisti del settore (!).
Il responso è “sciatalgia”; altro giro altro regalo… terapie fisiche e farmacologiche (tutte a pagamento) che naturalmente non portano a nulla.
Non mi arrendo, io voglio e ho diritto a stare bene e così mi rivolgo a un neurochirurgo di Pesaro.
Visita, indagini, diagnosi: STENOSI DEL CANALE VERTEBRALE CON CONSEGUENTE COMPRESSIONE  DEI NERVI E RECIDIVA DELL’ERNIA DI L4/L5.
La soluzione secondo il luminare anche questa volta è chirurgica, per cui nel 2016 mi sottopongo al terzo intervento alla colonna.
Niente da fare! Il dolore non mi abbandona, torno per ben due volte dallo stesso neurochirurgo che mi prescrive altre terapie farmacologiche che consistono in miorilassanti e antidolorifici, ma il beneficio è nullo.
Non mi arrendo, torno per la terza volta dal medico che questa volta decide di “allargare lo sguardo” e mi prescrive una radiografia dell’anca destra… e così, con mia “somma gioia”, si fa per dire, scopro di avere una grave coxartrosi destra. Naturalmente dovrei operarmi, ma per importanti motivi familiari sono costretta ad attendere fino al 2019.
La storia potrebbe terminare qui e invece attualmente mi trovo con problemi importanti al ginocchio e all’anca sinistra poiché, avendo assunto una postura impropria  per così tanto tempo, tali distretti corporei ne hanno risentito, ho un dolore insopportabile all’altezza della scapole, ho gravi disturbi del sonno perché il dolore non vuole MAI abbandonarmi e mi fa una grande compagnia anche la notte (ho crampi dolorosissimi che si attenuano soltanto camminando per casa).
Così passo la vita tra cortisonici, antidolorifici, sedativi, antinfiammatori…
Ovviamente ancora mi domando se un efficace e corretto intervento iniziale avrebbe potuto risolvere la situazione ed evitare gli esiti successivi.

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