Ricerca sul dolore cronico

I biomarkers del dolore cronico

Fondazione ISAL è particolarmente impegnata nell’identificazione di un modello per lo studio del dolore cronico attraverso markers biologici – i biomarkers del dolore – che permettano di fornire a tutti i pazienti una diagnosi di precisione e personalizzata sul dolore e di definirne la severità in maniera scientifica e oggettiva. È ben nota, infatti, la difficoltà delle persone con dolore cronico di ricevere una diagnosi certa e una certificazione oggettiva del dolore. È questo è ancora più vero in condizioni di dolore cronico sfuggenti, come la Fibromialgia, la cui diagnosi è ancor oggi basata solo su una descrizione clinica soggettiva delle caratteristiche del dolore. Non esistono esami diagnostici o strumenti laboratoristici in grado di certificare la presenza di Fibromialgia, né biomarker specifici di tale patologia. Date queste difficoltà diagnostiche, tutt’oggi molti clinici ritengono che la Fibromialgia sia un disturbo somatoforme e ciò ne rende ancora più arduo il riconoscimento da parte del Sistema Sanitario. Negli ultimi anni queste difficoltà hanno spinto i ricercatori a identificare biomarkers per la Fibromialgia (ma, come si diceva, la ricerca di biomarker è un tema cruciale per moltissime sindromi dolorose croniche), al fine di migliorare il processo diagnostico e ridurre il rischio di ritardi ed errori nella cura. Una diagnosi obiettiva di Fibromialgia, basata su specifici biomarkers, permetterà una migliore comprensione dei meccanismi patogenetici coinvolti, della prognosi e/o delle possibilità di cura e della risposta ai trattamenti, aprendo la strada alla medicina personalizzata.

In questo contesto, dato che il sistema immunitario e quello degli oppioidi endogeni condividono i medesimi recettori oppioidi, già negli anni Novanta, il Prof. Raffaeli aveva ipotizzato il ruolo cruciale di tali sistemi nella modulazione del dolore. La complessa comunicazione tra i sistemi endogeni antinocicettivi, il sistema immunitario e i recettori oppioidi periferici ci hanno incoraggiato a ipotizzare un ruolo per i recettori Mu-oppioidi sui linfociti come biomarker per la diagnosi di Fibromialgia.

Grazie a un finanziamento della Fondazione Nando ed Elsa Peretti, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria La Sapienza di Roma, l’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, Fondazione ISAL ha promosso uno studio su pazienti con Fibromialgia scegliendo, come gruppo di controllo positivo, pazienti con dolore cronico da osteoartrite, data la riconosciuta e chiara natura nocicettiva del dolore da osteoartrosi. Come controllo negativo è stato arruolato un gruppo di persone senza dolore.

Confrontando i risultati delle analisi immunofenotipiche condotte sui pazienti con Fibromialgia e Osteoartrite con quelli delle stesse analisi effettuate su persone senza dolore, si è visto che i primi presentano una percentuale di recettori Mu-oppioidi sui linfociti B significativamente diversa da quella dei soggetti senza dolore. Analizzando questi dati alla luce dell’intensità del dolore, per la prima volta si è documentato che, rispetto al gruppo di soggetti senza dolore, i pazienti con Fibromialgia e Osteoartrite con dolore moderato/severo (uguale o maggiore a 4 su una scala numerica da 0 a 10) presentano una percentuale significativamente inferiore di linfociti B che esprimono sulla loro superficie recettori Mu-oppioidi.

I pazienti con Osteoartrosi e dolore lieve (uguale o inferiore a 3 su una scala numerica da 0 a 10) mostrano invece una percentuale di linfociti B che esprimono recettori Mu-oppioidi simile a quella del gruppo di controllo negativo. La farmacoterapia non sembra influenzare il dato biologico: infatti, nonostante le differenti terapie, la percentuale di recettori Mu-oppioidi sui linfociti B era la stessa nei diversi gruppi (media: 18,3).

Le indagini psicologiche hanno evidenziato che una minore espressione di recettori Mu-oppioidi sui linfociti B è associata a una maggiore disabilità funzionale e alla percezione di avere una patologia cronica con gravi conseguenze sulla vita. L’espressione di recettori Mu-oppioidi sui linfociti B non è invece associata con la presenza di sintomi depressivi, ansiosi e stress-correlati, con le strategie di coping, con la catastrofizzazione o l’accettazione del dolore. Perciò, questi rilevanti aspetti psicologici non sembrano influenzare i risultati biologici.

ISAL ha quindi individuato il primo biomarker al mondo apparentemente in grado di certificare la presenza di dolore cronico severo in pazienti con Fibromialgia e Osteoartrite. Il biomarker, ossia la percentuale di linfociti B che esprimono il recettore Mu, permette anche di confermare la base organica della Fibromialgia. L’abstract della ricerca è stato presentato per la prima volta all’XI Congresso della European Federation of IASP Chapters (EFIC) tenutosi a Valencia dal 4 al 7 settembre 2019, mentre l’intero studio è stata pubblicato nel febbraio 2020 su “International Journal of Molecular Science”. ISAL proseguirà questa ricerca specifica per svelarne ogni dettaglio e perché il biomarker possa essere utilizzato nella pratica clinica ordinaria. Obiettivo di ISAL è usare lo stesso metodo scientifico (identificazione di biomarkers) per le varie patologie dolorose.

La Dott.ssa Valentina Malafoglia, biologa e ricercatrice ISAL, e la Dott.ssa Sara Ilari, biologa dell’IRCCS San Raffaele Pisana, al Congresso EFIC di Valencia
La Dott.ssa Valentina Malafoglia, biologa e ricercatrice ISAL, e la Dott.ssa Sara Ilari, biologa dell’IRCCS San Raffaele Pisana, presso il laboratorio di Fisiologia e farmacologia del dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana.

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