La ricerca ISAL

La Ricerca è uno dei pilastri della Fondazione ed è caratterizzata dall’attività scientifica svolta dai membri ISAL a partire dal Presidente, il Prof. William Raffaeli, rinomato esperto internazionale nel campo del dolore, e dalla produzione scientifica di diversi ricercatori molti dei quali supportati da borse di studio donate dalla Fondazione.

Il Prof. Antonello Bonci, uno dei leaders mondiali nel campo della Neuropsicofarmacologia, dal 2019 è il Coordinatore dell’attività di ricerca della Fondazione ISAL. Già Professore Ordinario di Neurologia all’Università della California, San Francisco (UCSF) fino al 2010, e Direttore Scientifico del National Institute on Drug Abuse (NIDA), è dal 2019 founder ed Executive Chairman del Global Institutes on Addictions a Miami. Per conoscere meglio il Prof. Bonci visita questa pagina.

La rete della Fondazione ISAL ha oggi assunto una dimensione internazionale ed è attuata grazie a un team di ricercatori ISAL che opera in numerosi istituti scientifici e centri di eccellenza in Italia e all’estero.

ISAL è capillarmente distribuita sul territorio italiano con sedi territoriali dell’Associazione “Amici della Fondazione ISAL”; ha inoltre stipulato una collaborazione scientifica con:

  • L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in particolare il Registro Nazionale Gemelli.
  • L’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, in particolare l’Unità di Farmacologia
  • L’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (IRST) di Meldola (FC), per attività di ricerca (di base e applicata) e di cura nell’ambito del dolore cronico complesso di natura traslazionale, dell’Immunogenetica e della medicina bio-tecno-potenziata per il dolore cronico.
  • La Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma, dove è stato istituito un gruppo di studio specifico sul dolore composto di esperti del settore tra i quali il Prof. William Raffaeli.
  • Il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi Roma Tre, in particolare la sede operativa presso il laboratorio di Biologia Cellulare.
  • L’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa, in particolare con il Centro HUB Regionale di Terapia del Dolore.
  • Il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna.
  • Col Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro.

ISAL intrattiene attività di collaborazione scientifica anche col Dipartimento di Reumatologia dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.

A livello internazionale, ISAL collabora con:

  • Il Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Scuola di Medicina della Saint Louis University
  • Lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia
  • La Scuola di Farmacia dell’Università della Tasmania (Australia)
  • L’Unità di Farmacologia Funzionale del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Uppsala (Svezia).

La Fondazione ha infine contatti e scambi con numerose associazioni nazionali e internazionali con le quali collabora su progetti di varia natura. Segnaliamo ad esempio:

  • Comitato Fibromialgici Uniti – Italia Odv
  • Fondazione ASPHI Onlus
  • CISL
  • Movimento contro ogni violenza sulle donne
  • Pain Alliance Europe
  • Associação de Doentes de Dor Crónica dos Açores (ADDCA)
  • Malta Health Network (MHN)

I settori di ricerca identitari

Negli anni la ricerca ISAL ha portato nuovi elementi e molti dati di conoscenza in un terreno – quello del dolore – assai poco esplorato, fino all’identificazione di un biomarker specifico per la caratterizzazione del dolore, al momento in fase di validazione per il suo utilizzo nella pratica clinica.

Di seguito descriviamo i più recenti progetti di ricerca sviluppati dalla Fondazione o a cui la Fondazione ha preso parte. Clicca sulle immagini per maggiori informazioni!

Altri progetti di ricerca recenti

Le ricerche in collaborazione con il Ministero della Salute

Progetto “Carceri, territorio senza dolore”

L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato che nella popolazione carceraria sono assai diffuse sia condizioni psichiatriche, sia patologie trasmissibili e malattie mediche, delle quali risulta opportuno valutare la prevalenza per identificare i bisogni di salute prioritari verso i quali indirizzare interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.

Nel 2015 il Ministero della Salute ha affidato alla Regione Emilia-Romagna il progetto “Prevenzione sanitaria nella popolazione carceraria: bisogni di salute e qualità dell’assistenza”. In quest’ambito Fondazione ISAL ha vinto il bando del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM, organismo che collabora con le regioni e altri partner istituzionali), col progetto “Carceri, territorio senza dolore’’. “La nostra iniziativa” ha spiegato l’avvocata Francesca Sassano, che da tempo collabora con ISAL e che al tema del dolore nelle carceri ha dedicato numerosi studi e pubblicazioni “nasce da un dato: la scarsa applicazione in Italia della legge n. 38 del 15.3.2010, che regolamenta la somministrazione delle cure palliative e delle terapie del dolore. Un danno al diritto alla salute su tutto il territorio nazionale. Figuriamoci al diritto dei detenuti, completamente estranei a questo tipo di accesso terapeutico e ancor più esposti a manifestare dolore cronico come conseguenza stessa della detenzione”.

L’importanza del progetto appare ancor più evidente se si pensa che il carcere, oltre a essere un luogo quasi germinale per il dolore cronico, pone un’esigenza particolare nel riconoscimento delle patologie, poiché talvolta si fa sottile la linea che separa il sintomo reale dal desiderio di uscire dalla detenzione, anche solo per un trattamento sanitario. Perché questo rischio non comprometta i casi in cui una terapia è necessaria, acutizzando maggiormente il senso di abbandono e isolamento dei detenuti, il progetto “Carceri, territorio senza dolore” ha cercato innanzitutto di formare il personale penitenziario affinché potesse sostenere nel modo più appropriato questa necessità di civiltà e consapevolezza sociale. Per i servizi sanitari penitenziari trattare il dolore nelle persone detenute è infatti un argomento quotidiano, sia per i suoi aspetti psicologici sia per le implicazioni derivanti dalle prescrizioni farmacologiche, rese ancora più ardue da alcune variabili dovute al contesto carcerario, come la possibilità di manipolazione e il rischio di commercio interno.

Studio conoscitivo sulle reti regionali di terapia del dolore

Da giugno a settembre 2018, Fondazione ISAL ha contribuito a un’indagine, nata da un accordo di collaborazione tra il Ministero della Salute e l’Università della Calabria, per indagare la prevalenza del dolore cronico su scala nazionale, tracciare una mappa aggiornata delle strutture operative e dei processi organizzativi e assistenziali dei servizi di terapia del dolore presenti sul territorio nazionale. Sono state contattate 365 strutture e, fra queste, 192 hanno preso parte all’indagine che prevedeva un questionario sulla loro organizzazione strutturale e funzionale e sulle modalità di accesso. È emerso che in quasi tutte le regioni era stata attivata la rete regionale di terapia del dolore e che, mentre nella gestione del percorso di cura del paziente, i centri risultavano abbastanza allineati con le direttive ministeriali, esistevano non poche carenze organizzative, sia per motivi burocratici (regionali e/o aziendali interni) sia per la scarsità di personale sanitario dedicato, motivo quest’ultimo anche dell’assenza di qualsiasi attività di ricerca. C’è da dire che, nelle realtà rispondenti, quasi tutte ospedaliere e non universitarie, l’attività di ricerca in generale non è quasi mai contemplata, anche per le note difficoltà di accedere ai fondi per la ricerca. L’indagine è stata importante e utile ai fini delle scelte di programmazione sanitaria.

Puoi trovare maggiori informazioni qui.

I progetti in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità

La collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è nata dall’incontro con le dottoresse Maria Antonietta Stazi e Virgilia Toccaceli del Centro per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’ISS. Nel Centro si sviluppano ricerche biomediche ed epidemiologiche nonché attività rivolte alla prevenzione e sensibilizzazione nel settore della salute mentale in relazione all’instaurarsi di patologie con un forte impatto sul benessere psicofisico – sia a livello individuale che della collettività – tra cui il dolore cronico. La collaborazione con Fondazione ISAL è cresciuta in modo fertile e, fino ad oggi, si è strutturata su due livelli paralleli: uno di tipo prettamente epidemiologico, l’altro più vicino alle scienze sociali e alla ricerca-intervento.

Rispetto alla ricerca epidemiologica, nell’ambito dell’European Health Interview Survey (EHIS 2019) – l’indagine statistica europea sulla salute 2019 – ISAL ha contribuito, con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e in collaborazione con l’ISTAT, all’“Indagine sul dolore cronico in Italia – EHIS 2019”. È stato stilato un questionario breve – messo a punto e validato da ISS, ISTAT e ISAL – inserito e somministrato al campione italiano e spagnolo. Un protocollo d’indagine, ISTAT/Sezione Dolore cronico, per contestualizzare su base statistica certa la prevalenza del dolore cronico, identificare alcuni specifici fattori di rischio nell’instaurarsi del dolore, le popolazioni suscettibili a tali fattori e il consumo di farmaci e/o trattamenti. Gli studi epidemiologici finora effettuati stimano una prevalenza di dolore cronico superiore, mediamente, a valori del 15% nella popolazione generale, con una maggiore rappresentazione del genere femminile e delle età più avanzate; in Europa, ancor oggi, si rileva un’ampia variabilità delle stime nei diversi Paesi. In questo panorama, diventa molto importante poter indagare il dolore cronico ed il suo impatto nel Paese a vari livelli, aggiornando, prima di tutto, le stime di prevalenza. L’indagine è terminata e l’analisi dei dati darà una fotografia sulla prevalenza del dolore cronico in Italia, sul suo impatto sulla salute dei cittadini, sullo stato del bisogno di cure nonché sui fattori causali prevalenti nelle diverse fasce di popolazione onde poter predisporre azioni mirate nell’area della prevenzione e della gestione clinico-organizzativa.

La collaborazione scientifica tra ISAL e ISS ha anche permesso l’avvio di uno “Studio gemellare”, su un campione di gemelli iscritti al Registro Nazionale Gemelli (RNG) dell’ISS, per stimare il contributo dei fattori genetici e ambientali (sia condivisi in ambito familiare sia esclusivi del singolo individuo) all’espressione del “dolore cronico” e di alcuni tratti psicopatologici (es. “depressione”). Tra gli obiettivi secondari, vi è la valutazione del ruolo dei fattori genetici ed ambientali nella co-morbidità per investigare possibili interazioni geni-ambiente, e permettere, quindi, l’individuazione di interventi su fattori modificabili (es. gli stili di vita), ovvero azioni di prevenzione dei fattori di rischio e di promozione dei fattori protettivi.

Come già accennato, insieme all’ISS, ISAL sta lavorando a un progetto di tipo “Citizen Science”, teso ad avvicinare i bisogni dei cittadini con dolore cronico agli sforzi della comunità scientifica.

La collaborazione con la Fondazione Gigi Ghirotti. Dare voce a chi cerca sollievo

Progetto “Osservatorio sull’accesso del cittadino alla terapia del dolore e alle cure palliative”

Nel 2016 la Fondazione Gigi Ghirotti e Fondazione ISAL, poli nazionali di riferimento nella sensibilizzazione alla cura del dolore e della sofferenza, hanno ideato e avviato il Progetto “Osservatorio sull’accesso del cittadino alla terapia del dolore e alle cure palliative” al fine di interpellare e dar voce ai cittadini affetti da dolore acuto o cronico oppure che accedono alle cure palliative, offrendo così alle istituzioni sanitarie un’utile analisi e mappatura dei servizi offerti. Ciò anche in linea con quanto dichiarato dalla Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations già nel 1995: “Le sensazioni e i pensieri di un paziente […] possono fornire alle organizzazioni sanitarie informazioni utili per migliorare le prestazioni; tuttavia troppo spesso le informazioni fornite dai pazienti non vengono utilizzate per programmare sistemi e processi […]. È necessario incominciare a rivedere l’organizzazione del servizio attraverso gli occhi del paziente”. L’Osservatorio ha dunque cercato di contribuire al miglioramento dell’accessibilità, erogazione, conoscenza e diffusione dei servizi di terapia del dolore e cure palliative, nonché della soddisfazione di coloro che ne usufruiscono. Un monitoraggio a partenza dal punto di vista dei cittadini che – attraverso la voce e le esperienze degli utenti che accedono alle cure – ha affiancato e arricchito i risultati periodicamente ottenuti dal Ministero della Salute in collaborazione con la Commissione nazionale per il monitoraggio sullo stato di attuazione della legge 38, come previsto dall’art. 9 della stessa. Prima azione del progetto è stata la somministrazione di un questionario a oltre 10mila pazienti in occasione della Giornata del Sollievo 2016 i cui risultati sono stati presentati l’anno successivo a Roma nel 2017, in occasione del settimo anniversario della legge n. 38, di cui è stata riconosciuta la valenza ma anche la necessità di consolidarne l’attuazione. Sui 13.374 questionari considerati, il 43% degli intervistati ha dichiarato di ritenere utile l’utilizzo dei farmaci oppiacei per curare il dolore nelle sue molteplici forme, mentre il 45% ha affermato di non conoscerli. Tuttavia, alcuni commenti a margine delle schede, mostrano reticenza, paura e pregiudizi verso questi farmaci (ad esempio: “Li prendono i drogati”, “Farmaci che fanno morire”). Solo il 64% ha confermato di aver parlato del dolore con il proprio medico e, di questi, solo il 35% ha ricevuto una prescrizione per una visita specialistica presso un centro di terapia del dolore. La soddisfazione sull’assistenza ricevuta in tali Centri l’80% degli utenti è risultata abbastanza o molto alta. Il 63% degli intervistati non sapeva che dal 2010 in Italia esiste una legge che garantisce l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative. In buona sostanza, si è trattato certamente di un progetto importante per fare il punto anche verso ulteriori azioni di sensibilizzazione.

La Telemedicina come strumento di governo delle cure: il Progetto DoTe – “Dolore e territorio: rete integrata territoriale”

“Dolore e Territorio (DoTe): rete integrata territoriale” è un progetto di telemedicina attuato a Cuneo dal gennaio 2015 a tutto il 2016. Promosso e coordinato da Fondazione ISAL e Fondazione Gigi Ghirotti, col contributo operativo dell’Unità di Terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera di Cuneo e il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, il progetto era finalizzato a diffondere e rendere più efficaci le terapie contro il dolore cronico riducendo, al contempo, i costi per la sanità. “DoTe” consisteva in un sistema di monitoraggio tramite teleassistenza abbinato ad attività di supporto, anche psicologico, per i pazienti e le loro famiglie che consentiva l’integrazione dei servizi erogati dal centro ospedaliero di terapia del dolore con quelli della rete medico-infermieristico che operava a domicilio dei pazienti. La centrale telematica allestita in ospedale consentiva il colloquio con l’operatore a domicilio e permetteva di sorvegliare a distanza l’adesione ai trattamenti terapeutici e di tenere sotto controllo tutti i parametri che normalmente vengono valutati sui degenti (intensità del dolore, ore di sonno, livello di ansia, eventuali effetti collaterali dei farmaci, ecc.). Per sostenere psicologicamente e socialmente i pazienti e i loro familiari nel fronteggiare il carico di stress che la malattia comporta, è stato aperto anche un centro di mutuo ascolto grazie all’apporto di volontari della Fondazione ADAS di Cuneo. Il progetto è stato divulgato alla cittadinanza tramite un call center con numero verde e con una campagna di comunicazione sociale, mentre gli operatori sanitari hanno seguito appositi corsi di formazione coordinati dalle due Fondazioni ISAL e Gigi Ghirotti.

Le ricerche in collaborazione con altre realtà associative

Fibromialgia e lavoro: quali accomodamenti ragionevoli?

In collaborazione con Comitato Fibromialgici Uniti – Italia (CFU-Italia), Fondazione ASPHI di Bologna e CISL, ISAL ha realizzato un progetto sugli “accomodamenti ragionevoli” al fine di migliorare la vita professionale e mantenere al lavoro le persone con Fibromialgia. Lo studio, durato tre anni e ormai in fase conclusiva, è partito dalla somministrazione di questionari a un ampio campione di lavoratori con Fibromialgia iscritti ai canali social del CFU-Italia. Si sono indagate le barriere ma anche gli elementi facilitanti la qualità del lavoro, intesa non solo come prestazione lavorativa, ma anche come qualità delle relazioni, livello di partecipazione, comunicazione e tutti gli aspetti che compongono la vita professionale all’interno di un’organizzazione. La quasi totalità dei rispondenti ai questionari ha affermato di aver incontrato problemi nell’organizzazione del lavoro, negli orari e ritmi di lavoro, nella postazione di lavoro; più del 65% ha dichiarato difficoltà nelle prassi aziendali e nell’utilizzo di tecnologie assistive. Il ‘non essere creduti’ è risultata tra le maggiori barriere: chi soffre di Fibromialgia molte volte preferisce non parlare delle proprie difficoltà con colleghi e/o superiori, perché assai spesso non comprendono le problematiche di salute e hanno reazioni di svalutazione o, peggio, di aperta ostilità.

Dopo la prima fase conoscitiva, in un secondo step sono stati organizzati due focus group per approfondire i risultati emersi e, soprattutto, per comprendere – partendo proprio dal punto di vista di chi ne è affetto – quali avrebbero potuto essere i più opportuni “accomodamenti ragionevoli” per migliorare la vita professionale delle persone con Fibromialgia. Ad esempio, per essere creduti, sembra cruciale l’inserimento della Fibromialgia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e nelle tabelle di invalidità, ma anche che la diagnosi di malattia fatta da un centro specializzato, la ricerca e identificazione di biomarkers diagnostici, la sensibilizzazione del mondo del lavoro e della politica, l’attuazione di corsi di formazione specifica per il personale sanitario. I partecipanti hanno anche fornito suggerimenti sui possibili “accomodamenti ragionevoli” per superare le barriere emerse. Tutti i risultati sono stati al centro di riflessioni fra gli esperti del partenariato, tese a comprendere l’applicabilità delle proposte. Ne nascerà un volume che potrà essere uno strumento prezioso per le imprese che vogliano migliorare la produttività dei dipendenti e investire sul proprio ruolo sociale.

Il progetto è stato presentato in diretta streaming durante il webinar qui sotto, realizzato in occasione di Handimatica 2020.

 

Altri progetti di ricerca di Fondazione ISAL

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