Terapia del dolore cronico

Cannabinoidi, molte Regioni ancora nel calvario legislativo. Ma la Toscana “apre” ai pazienti che ne fanno richiesta da fuori.

In Italia il ricorso ai medicinali cannabinoidi sarebbe legittimo dal 2007, quando l’allora ministro della Salute Livia Turco ha riconosciuto l’uso terapeutico dei principi attivi contenuti nella cannabis. Tuttavia, a otto anni, il Paese non si è ancora dotato completamente di strumenti operativi capaci di rendere realmente applicativo questo indirizzo legislativo per l’accesso ai farmaci. La situazione è molto caotica, anche nelle Regioni che già hanno dato via al necessario e lungo iter legislativo. Inoltre, se dapprima il dibattito era di tipo etico, o per lo meno medico-scientifico, ora sta assumendo toni sempre più da dibattito politico propagandistico.

La Fondazione ISAL, reputa che il dibattito sull’utilizzo dei derivati cannabinoidi debba rimanere puramente scientifico e teso a dare soddisfazione ai bisogni di cura delle migliaia di cittadini che non hanno alternative efficaci di terapia. Su questo scenario molti punti restano ancora troppi vaghi e rischiano di creare sconcerto e angoscia in chi è in attesa di poter accedere alla loro assunzione dopo anni di proclami sulla loro accessibilità. Oggi, nonostante molte Regioni abbiano adottato norme legislative, la dispensazione rimane incerta e non fruibile con modalità univoche e quotidiane. Mentre gli atti deputati a regolamentarne la distribuzione rimangono vaghi, migliaia di cittadini fanno ricorso alle preparazioni galeniche che molte farmacie, in ogni Regione, preparano e vendono a pagamento con costi non indifferenti per una popolazione spesso fragile e minata dalla sofferenza. In questo caos di uso e vendita rimangono non controllate e certificate le dispensazioni cliniche che sono effettuate dai medici, spesso anche non specialisti, dei differenti settori in cui è stato stabilito che la sostanza può essere assunta per finalità terapeutiche. Sono incerti, per non dire inesistenti, programmi di monitoraggio sull’utilizzo di questi farmaci per garantire ai cittadini un uso appropriato e sotto stretta sorveglianza clinica. Per cercare di comprendere lo stato di regolamentazione esistente e la prassi operativa che i differenti organi sanitari regionali si sono dati la Fondazione ISAL, per tramite del suo ufficio stampa, sta sviluppando un’indagine conoscitiva sul quadro nazionale.

Secondo le prime sensazioni registrate, l’annuncio sulla produzione di cannnabis, allo scopo di formulare farmaci contro il dolore cronico e altre malattie, da parte dello Stabilimento farmaceutico militare di Firenze e l’avvio della regione Toscana, che concerne tra l’altro la prescrizione dei farmaci in oggetto anche da parte del medico di base con rimborso, invece che dare impulso alle altre Regioni, ha messo in luce il grande scompiglio: non c’è omogeneità legislativa, a livello delle singole Regioni, nella strada che dovrebbe portare alla dispensazione dei cannabinoidi. Ogni Regione farà da sé senza che vi sia alcuna concertazione né nazionale, sotto l’egida del Ministero, né interregionale. La mancanza di atti condivisi, lasciando autonomia come da legge alle singole Regioni, di fatto ha creato un impasse che lascia sconcertati i cittadini, con pochi risultati sulla salute della gente e molte discriminazioni su chi ne possa usufruire senza dover pagarsi le sostanze.

Al momento non sono chiari diversi punti: sarà possibile per il cittadino di una Regione in cui non è ancora definito l’accesso ai farmaci cannabinoidi, recarsi in altra Regione per usufruire del servizio? Esisterà, e se sì, come avverrà il monitoraggio dei pazienti in terapia cronica? Quali le misure per contrastare un eventuale mercato parallelo dei medicinali cannabinoidi per scopi ludici? Come comportarsi con la popolazione adolescente che, secondo una vasta letteratura scientifica, ha un rischio maggiore, rispetto all’adulto, nella manifestazione di eventi psichiatrici latenti se esposta ai principi attivi della cannabis? La responsabilità della risposta alla maggior parte di queste domande è sospesa negli uffici di consiglieri, assessori e membri delle agenzie sanitarie regionali. Più restii a parlare, rispetto a medici e operatori sanitari in generale, gli amministratori politici. Forse per non esporsi eccessivamente prima che i vari Consigli abbiano definitivamente deliberato. Non si tira indietro tuttavia Luigi Marroni, assessore al Diritto alla salute della Regione Toscana, che su un punto ha le idee chiare: in caso di richiesta da parte di pazienti non toscani e sofferenti di dolore cronico l’accesso ai cannabinoidi dovrà essere consentito.

Si riparte, infine, anche in Emilia Romagna – la Regione già a metà 2014 aveva legiferato sull’uso di questi farmaci – che sembra sul punto di dotarsi di un regolamento operativo per la dispensazione nelle strutture sanitarie: gli uffici competenti, con il supporto di un gruppo tecnico, dovrebbe definire le modalità di dispensazione e gli strumenti per controllare appropriatezza prescrittiva e monitoraggio di sicurezza, cosi da poter dare certezza ai cittadini sull’utilizzo, con rigore scientifico. Le altre Regioni, tra cui Marche e Sicilia, che per prime avevano garantito l’accesso a questa terapia, oggi sono ferme in uno stato di incertezza di cui non abbiamo avuto modo di comprenderne le scelte. Nell’attesa, le persone, che per noi sono il valore del nostro agire, affette da un dolore cronico spesso a eziogenesi neuropatica centrale, cui poco valgono i trattamenti usuali per dare sollievo, attendo nel loro quotidiano dolore.

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