Dolore cronico, in Italia il 40% delle persone che ne soffre non sa a chi rivolgersi
Il 40% delle persone che in Italia soffrono di dolore cronico non sa che ci sono centri specialistici e terapisti a cui rivolgersi. E tra chi li conosce, solo il 32% ne è stato informato dal proprio medico di famiglia. Sono questi i risultati più significativi del questionario online realizzato dalla Fondazione ISAL con la collaborazione del gruppo di esperti internazionali di Change Pain.
Al questionario, lanciato in occasione della scorsa Giornata “Cento città contro il dolore”, hanno risposto 741 persone. Il 44% dichiara di essere affetto da dolore cronico da più di 3 anni, il 15% da più di un anno, il 14% da sei mesi a un anno. Chi ne soffre è mediamente poco soddisfatto delle cure ricevute e dai professionisti sanitari vorrebbe avere non solo terapie adeguate (35%), ma anche più attenzione e ascolto (24%). E se il 19% pretende anche una maggiore preparazione, al 75% non dispiacerebbe avere materiali di supporto per affrontare il dolore, da brochure informative sull’auto-aiuto fino ad app per monitorare sullo smartphone l’andamento delle cure.
Il 30% delle persone con dolore cronico cerca su Internet informazioni sulle proprie condizioni di salute e sulle possibili terapie, il 24% si confronta con familiari e amici, il 4% si rivolge ai social network. Dal medico che prescrive una terapia farmacologica vorrebbero che spiegasse meglio gli effetti collaterali (49%), la durata del trattamento (28%) e il dosaggio (17%).
Tra chi soffre di dolore cronico, il 60% sa che ci sono specialisti e cliniche a cui rivolgersi: il 32% ne è venuto a conoscenza dal proprio medico di base, il 22% da familiari e amici, il 14% da internet. Il 40%, invece, non sa proprio a chi rivolgersi. Servirebbe quindi maggiore informazione sui centri e le terapie disponibili, ma anche sui principi sanciti dalla legge 38/2010: la legge che regola l’accesso alle cure contro il dolore è infatti conosciuta solo dal 35% delle persone con dolore cronico.
“C’è ancora troppa confusione sui percorsi di cura per il dolore cronico: in molti, prima di arrivare nello studio di un terapista del dolore, fanno veri e propri pellegrinaggi fidandosi delle informazioni trovate in rete o dei consigli di conoscenti” commenta il professor William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL. “È il segno – conclude – che occorre un maggiore sforzo comunicativo da parte delle istituzioni sanitarie e dei medici di medicina generale”.