Terapia del dolore cronico

Il neurologo Pietro Cortelli ci racconta il suo incontro con ISAL e i passi avanti nella cura dell’emicrania

Tra i grandi professionisti che hanno incontrato ISAL c’è il noto neurologo Pietro Cortelli, Professore Ordinario di Neurologia all’ Università di Bologna, che ha dedicato la sua esperienza e le sue ricerche al campo delle malattie neurodegenerative, dei disordini del movimento, della cefalea primaria e secondaria e delle patologie del sistema nervoso vegetativo; per i suoi studi il Prof Cortlelli ha ottenuto importanti finanziamenti dall’Università di Bologna, dal MIUR, dal Ministero della Salute, dal Telethon e da Horizon2020. Lo abbiamo intervistato sul suo rapporto con ISAL e con William Raffaeli, e abbiamo colto l’occasione per porgli qualche domanda sul tema dell’emicrania e dell’insonnia legata al dolore cronico.

Come ha incontrato il prof William Raffaeli e la Fondazione ISAL?

«Più di venti anni fa il prof. Raffaeli mi contattò per partecipare ai primi corsi di formazione sulla terapia del dolore nelle cefalee, mi resi subito conto di avere a che fare con una persona di grande livello scientifico e umano e partecipai con grande entusiasmo.

A quei tempi parlare di trattamento del dolore come sintomo era un evento non proprio comune, cercavamo di migliorare la qualità della vita dei pazienti che soffrono di cefalea.

La capacità scientifica e umana dell’amico William è evidente nel saper proporre una serie di miglioramenti per il suo campo specifico, ma anche nel capire che alcuni tipi di dolore, come quelli legati alla testa, necessitavano una diagnosi differenziale, che non poteva avere semplicemente una descrizione legata al dolore e non poteva prescindere dalla fisiopatologia. Ci contattò perché in quegli anni a Bologna stavamo descrivendo alcune fasi della fisiopatologia e dell’emicrania, che poi sarebbero state confermate anche da ulteriori studi.»

Siete stati pionieri in questa consapevolezza, come veniva affrontata anni fa la questione del dolore nelle emicranie?

«Si pensava soprattutto al fenomeno emicrania come patologia, ci si fermava alla gestione e al trattamento della crisi, senza vedere che crisi ripetute comportavano il fattore di rischio della cronicizzazione. William Raffaeli ha sviluppato molto bene l’idea che un dolore maggiormente controllato cronicizzi meno nel tempo, una teoria che si è dimostrata molto valida anche nel mondo delle cefalee, cruciale nella cultura che ISAL ha saputo creare sul topic dolore.»

Quale è stato secondo lei un passo avanti decisivo per la terapia del dolore?

«La legge 38/2010, alla quale William ha contribuito in maniera sostanziale, ha permesso una terapia del dolore più efficace, in particolare per l’uso degli oppioidi. Questo non ha avuto grande ricaduta nell’ambito neurologico, ma per tutto il restante mondo del dolore, dalla medicina all’oncologia, è stato un grandissimo passo avanti per la qualità di vita dei pazienti.»

Qual è l’incidenza del dolore cronico in fatto di emicrania?

«Il 2 % della popolazione generale è affetta da emicrania cronicizzata, a 15  anni avevano un attacco di emicrania a settimana e dopo dieci anni si ritrovano ad averne uno al giorno. Fanno un uso eccessivo di analgesici e diventa necessario fare una disassuefazione, controllare il dolore cronico riportandolo a crisi episodiche. Queste persone sono completamente fuori

dalla vita sociale, non solo dal lavoro ma anche e dagli affetti e dalla vita di relazione.»

Quali sono i fattori predisponenti?

«Come nella maggior parte dei casi di dolore cronico sono colpite prevalentemente le donne; l’emicrania risente molto delle oscillazioni ormonali e ci sono diverse comorbidità, tra cui il peso, i disturbi del sonno e i disturbi dell’umore che spesso si associano ad essa. Ti trovi di fronte un paziente con tutte queste problematiche insieme, quindi un paziente molto complesso.»

Come si affronta questo tipo di dolore cronico?

«Con tutte le armi che si hanno: usando farmaci per curare il dolore in acuto e farmaci per prevenire il dolore cronico, ma anche migliorando lo stile di vita, usando terapie non farmacologiche. Si utilizza un approccio multidisciplinare, che a volte può necessitare anche un breve ricovero per eliminare l’uso di certi analgesici, che usati cronicamente possono diventare essi stessi causa di mal di testa. In questo approccio multidisciplinare sono importanti anche terapie comportamentali, tutti gli specialisti chiamati in causa devono dare il massimo di se stessi.»

Molti pazienti affetti da dolore cronico soffrono anche di insonnia, può parlarci di questo disturbo?

«L’insonnia è un sintomo, la stragrande maggioranza della popolazione percepisce un sonno non soddisfacente o un numero minore di ore di sonno rispetto a quelle che sente necessarie. Se una persona dorme bene nelle ore della mattina, mentre la società normalmente ci manda a lavorare alle otto, inevitabilmente si crea una sindrome da disadattamento. Bisogna stare attenti alla differenza tra insonnia soggettiva percepita, spesso legata a stili di vita non consoni in individui sensibili, e insonnia dovuta a patologie organiche.

I ritmi circadiani hanno origine nell’ipotalamo, e ci sono patologie dell’ipotalamo che possono generare delle alterazioni dei ritmi circadiani o creare ritmi non coordinati al ritmo luce buio. Siamo animali fatti per muoverci quando c’è la luce e stare fermi quando c’è il buio, se questo orologio biologico è spostato si presenta un problema di adattamento importante.»

Per chi soffre di disturbi del sonno legati al dolore cronico il trattamento con i farmaci è consigliato? Si possono usare sonniferi stabilmente?

«Per il neurologo il sonnifero va usato al massimo per dieci/dodici giorni, perché poi dà dipendenza, si fatica ad eliminarlo e può dare problemi. Noi cerchiamo piuttosto di riprodurre un ritmo circadiano del sonno che sia il più consono possibile alle qualità della giornata e della vita del soggetto.»

Quali sono le terapie non farmacologiche per l’insonnia legata al dolore cronico?

«Bio feedback, terapia comportale, agopuntura e terapia di adattamento: cioè l’aumentare la capacita di sopportare il dolore.»

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