Terapia del dolore cronico

La storia di Emilio: “Avanti a testa alta”

Basta il primo scambio di battute per capire che tipo è Emilio Brioli, 39enne di Riccione. “Mi è venuta una ‘fastidiosa’ piaga alla caviglia andando in handbike – racconta –, ma oggi ho fatto una visita, è andata bene e lunedì mi opero, finalmente!”. Lo dice ridendo, con un entusiasmo che non è da tutti. In fondo, è pur sempre un intervento. Ma Emilio no, non ha paura. La vita lo ha reso forte, probabilmente più forte di quanto fosse a 30 anni, quando un incidente stradale l’ha costretto su una sedia a ruote. Seduto, ma “a testa alta”.

Era l’11 settembre del 2002, la data non la dimenticherò mai – dice –. Penultimo giorno di ferie, era notte e stavo tornando a casa in moto, quando un’auto mi ha investito ed è scappata via”. Il pirata della strada (“Probabilmente era un pilota di rally, c’era una gara il giorno dopo e stavano provando il percorso”) non l’hanno mai trovato. A Emilio l’hanno invece recuperato in un campo 3 ore e mezza dopo l’incidente. “Per lo shock midollare non muovevo nulla, solo la testa, ma nel male è andata bene, avevo un’emorragia interna che si è fermata da sola”.

Diagnosi e riabilitazione. La corsa al pronto soccorso e la prima diagnosi, che non lascia dubbi: lesione alla nona vertebra dorsale. Emilio ha perso l’uso degli arti inferiori, è diventato paraplegico. Lo ricoverano al reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Bufalini di Cesena, dove gli stabilizzano la colonna vertebrale. Quindi la degenza in rianimazione (“Ero quello messo meglio…”) e tre mesi nel più grande centro di riabilitazione in Italia, Montecatone, a Imola, a metà strada tra il bolognese e la Romagna: 160 posti letto, quasi tutti occupati da altri ragazzi con problemi spinali.

Il loro coraggio è stato uno stimolo per me, ma inizialmente avrei voluto sbattere la testa contro le pareti, non potendo muovermi ero in balia di tutto e di tutto”. La riabilitazione è stata per Emilio come rinascere. “Ho re-imparato a vivere, a ricostruirmi una mia autonomia, anche il semplice vestirmi e lavarmi i denti sono stati una conquista”. Molti i ricordi, spesso ironici. “Per fumare ci ritrovavamo in 15 nel sottoscala – racconta –. Essendo tutti sulle sedie a rotelle, sembravamo i carrarmatini del Risiko: chi girato da una parte, chi dall’altra, chi con la faccia contro il muro”.

Oltre gli ostacoli. Da Montecatone Emilio è uscito il 13 febbraio 2003. “Mi sono scontrato con una realtà, quella delle barriere architettoniche, ma anche degli sguardi delle persone”. Ostacoli fisici e sociali, che però ha avuto la forza di superare. “Il trauma midollare mi provocava anche dolorose contrazioni spastiche agli arti superiori, inferiori e alla schiena”. Le ha risolte con un impianto a pompa per il rilascio direttamente nella colonna vertebrale di un farmaco miodistensivo. “Devo ringraziare il professor William Raffaeli della Fondazione ISAL, che mi ha preso a cuore e mi ha aiutato a superare i miei problemi, indirizzandomi verso i migliori specialisti”.

Prima dell’incidente Emilio si considerava un ragazzo come tanti. Oggi la sua vita è cambiata, ma non il suo spirito. “Dopo i primi due anni, che sono stati di assestamento, anche di rabbia, non mi ha fermato più nessuno”. D’altronde, “come faccio ad avere paura? Ho 1.800 punti in tutto il corpo”. Così ha coltivato nuove e vecchie passioni e si è preso anche qualche soddisfazione. Molte gli sono arrivate dallo sport. Pratica basket in carrozzina, scherma, tennis, tiro con l’arco, vela e handbike (“i miei preferiti”), persino paracadutismo. “Ho fatto il militare nei paracadutisti, in tutto ho 572 lanci e gli ultimi due in tandem, in carrozzina ovviamente”.

Sport e volontariato.Non si sente però un “fenomeno” né una “mosca bianca”, anche perché la tecnologia e gli ausili permettono di superare l’handicap, “che è determinato più che altro dai fattori ambientali”. Lo sport Emilio aiuta anche a diffonderlo. Lo ha fatto prima con l’associazione Attiva-Mente di San Marino, quindi fondandone un’altra a Bellaria insieme ad un gruppo di amici paraplegici come lui, la Muovitinsport. “Compravamo handbike e carrozzine sportive e le mettevamo a disposizione di altre persone con disabilità”. Con Muovitinsport hanno organizzato tornei e maratone, ma ora devono chiudere: “Non ci sono più fondi, la crisi è uguale per tutti”. 

Non c’è però solo lo sport nella vita di Emilio. Un bello spazio lo prende l’impegno nel sociale, nella solidarietà, nella lotta a ogni barriera. Con l’associazione Rio de oro si occupa dell’accoglienza in Romagna dei bambini Saharawi bisognosi di cure: “Un loro sorriso vale più di ogni cosa”. Con la Provincia di Rimini, ha contribuito a creare nel 2007 la prima spiaggia in Europa a unire accessibilità ed eco-sostenibilità. “Ha pedane e percorsi per non vedenti che portano fino al bagnasciuga, pannelli solari e pale eoliche, e ora ce ne sono altre 20 simili”. Dal mare ha poi passato al setaccio gli alberghi e i musei della Riviera: “Chi meglio di uno in carrozzina, sa cosa va e cosa non va?”.

Nessun limite. Più complicato, invece, trovare lavoro. “Ma è difficile per tutti, solo l’anno scorso hanno chiuso 120mila aziende in Italia”. A 30 anni Emilio faceva il rappresentante, lavorava con l’estero ed era sempre in viaggio. “Ora mi faccio bastare la pensione, ma è chiaro che molte rinunce devo farle”. Nessuna rinuncia, però, a gustarsi quello che la vita gli riserva. “Dall’incidente ho una diversa visione delle cose, ogni giorno è un regalo e non mi sento più limiti”. Emilio insegna che anche chi non cammina può andare lontano. Bisogna però “non chiudersi in se stessi – è il suo consiglio –, ma andare avanti, a testa alta”.

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