Terapia del dolore cronico

Lo zebrafish come modello per lo studio del dolore

Il dolore cronico sine causa e il dolore causato da traumi o da lesioni del sistema nervoso centrale e periferico sono i più difficili da trattare, anche perché rispondono meno agli oppiacei. Individuare un modello di studio, in grado di portare a nuove terapie farmacologiche, è l’obiettivo della ricerca condotta da Fondazione ISAL, Sbarro Institute for Cancer research and Molecular medicine, Università Roma 3 e dalla Temple University di Philadelphia (Usa).

La ricerca, pubblicata recentemente dal Journal of Cellular Physiology, si è avvalsa di larve di danio rerio, un piccolo invertebrato, comunemente conosciuto come pesce zebra o zebrafish, che a livello molecolare reagisce agli stimoli del dolore in maniera molto simile ai mammiferi. “Abbiamo scoperto che il dolore attiva lo stesso gruppo di geni nell’uomo e nel pesce zebra” dice Antonio Giordano, direttore e fondatore dello Sbarro Institute e professore di patologia e oncologia all’Università di Siena.

“Per comprendere meglio come si scatena il dolore neuropatico e scoprire nuovi farmaci – aggiunge il dottor Gianfranco Bellipani dello Sbarro Institute – abbiamo prima bisogno di definire un modello animale che abbia un altro grado di somiglianza con la percezione e la risposta al dolore dell’uomo e che, soprattutto, sia in grado di darci nuovi strumenti tecnici e teorici per condurre le ricerche”. Il pesce zebra, continua “risponde a tutte queste caratteristiche”.

I ricercatori stanno ora creando dei pesci zebra transgenici, che diventano fluorescenti in risposta agli stimoli dolorosi e che potranno essere utilizzati in studi in vivo. “Ci permetteranno di caratterizzare meglio i meccanismi cellulari e molecolari del dolore cronico – aggiunge Bellipanni –, ma il nostro obiettivo finale, se troveremo finanziamenti adeguati, è di utilizzarli per selezionare composti chimici con potenziale capacità analgesica”.

“Il dolore cronico non è una condizione comune a tutte le malattie, alcune lo hanno, altre no – continua il professor William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL –. Con questa ricerca, che rappresenta un approccio originale e interessato dall’alto grado di sostenibilità etica ed economica, vogliamo proprio capire che cosa causi il dolore e come curarlo”. I tempi? “La strada della scienza non è né lunga né corta, è imprevedibile” conclude.

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