“Non avevo più il dolore, ero felice” Rossella ha ritrovato la normalità
RACCONTI DI SOGLIA – Narrazioni dal vissuto del dolore
La storia di Rossella ci mette di fronte a una vita in cui il dolore ha deciso di assumere molte forme, mettendola alla prova senza darle tregua; ma allo stesso tempo è una storia che offre speranza, l’esperienza di una donna che ha portato una croce difficile fin dalla giovinezza, ma che ha saputo ritrovare grazie a ISAL la strada della normalità. In questa storia scopriamo che il dolore arriva anche come una risposta alla vita, quando si fa troppo intensa, nella sofferenza ma anche nella gioia.
«La mia storia risale a tanti anni fa, all’inizio del 1993, quando mia madre a soli 45 anni morì dopo undici mesi di malattia. Avevo appena vent’anni e subito mi sono messa al lavoro per la famiglia, mi sono tirata su le maniche e ho cercato di occuparmi di mio fratello e di mio padre. Era il settembre del 1995 quando ho avuto un malore, mi portarono in ospedale prima a Sulmona e poi a Teramo, dove mi operarono all’encefalo. Avevo un astrocitoma talamico. Quando sono uscita dall’ospedale avevo ancora questa massa in testa. A dicembre di quell’anno andai a Vicenza dove mi fecero una radio chirurgia stereotassica, ma continuavo a stare male, avevo dei continui mal di testa. Il primo gennaio del 1996 mi ricoverarono di nuovo a Teramo e mi operarono nuovamente, facendo firmare sia me che mio padre, era un intervento rischioso. Riuscirono a togliere quasi tutta la massa, lasciando solo un residuo che si trova proprio nel talamo. E’ una zona molto importante e rischiosa del cervello. L’intervento durò nove ore, per fortuna la massa era benigna.»
Sarebbe stata già una durissima parentesi per una ragazza di soli vent’anni, perdere la madre e trovarsi ad affrontare la diagnosi di supposto tumore al cervello, ben tre operazioni alla testa.
Rossella rientra dopo questi tre anni di inferno nella sua giovinezza, inizia a lavorare come commessa in un negozio di abbigliamento durante l’estate, e poi riprende gli studi di psicologia all’Università, prova a tornare dentro i suoi vent’anni. «Nel luglio di quell’anno andai a lavorare in un negozio come commessa, ma nel magazzino ero costretta a muovermi in un passaggio molto stretto, e cominciarono così dei dolori alla schiena che rendevano dolorosissimo questo lavoro. Ero stremata, dopo 40 giorni appena lasciai il lavoro. All’università ero iscritta a Roma, ma era troppo caotico, dopo quello che mi era successo decisi di iscrivermi a L’Aquila. Anche se l’intervento mi aveva lasciato diversi problemi verbali e alla memoria, sono riuscita a superarli con la riabilitazione; davo molti esami, prendevo buoni voti, ero riuscita a ritrovare la leggerezza, ma quel mal di schiena persisteva, continuavo ad andare dal mio medico di famiglia e a cambiare terapia. Il mio medico si era quasi avvicinato al mio vero problema, ma solo nel 2001 sono arrivata alla diagnosi, che è stata Fibromialgia secondaria, ovvero spondiloartrite. Il mio dolore cronico parte dalla zona lombare e poi si irradia alle articolazioni superiori e inferiori, arriva alle mani, ai piedi.» Rossella in questi anni affronta con coraggio il passaggio di crescita: lascia il fidanzato che le è stato vicino in questi anni difficili, nonostante sia legatissima a lui e alla sua famiglia, sta di fronte alla verità del suo cuore e cerca l’amore della vita. Lo trova a 27 anni tornando dal matrimonio di una cugina, era sempre stato così vicino, già parte della stessa famiglia allargata… si trovano e non si lasciano più. Bastano pochi mesi perché decidano di sposarsi, sembra che finalmente la felicità sia arrivata per Rossella, ma proprio durante il viaggio di nozze alle Canarie, quando la durezza della sua vita sembra permetterle di abbassare la guardia, il dolore la stende con un giorno di febbre altissima. Rossella nei suoi giorni peggiori è ridotta a letto senza forze, e questi giorni di male insopportabile arrivano dopo i momenti in cui la vita spinge più forte, nelle zone limite di gioia e di stress. Il dolore cronico nella vita di Rossella era sempre stato presente, ma studiando e vivendo da sola era più facile da gestire, nessuno le impediva di passare una giornata in casa. Nella vita matrimoniale e lavorativa si accorge di quanto sia invalidante: fa un lavoro che detesta, la costringe a stare per molte ore in piedi al freddo come addetta alle vendite, per sette anni tiene duro, anzi è brava, il suo carattere aperto la porta ad essere apprezzata e nel frattempo è anche diventata mamma. Esattamente nove mesi dopo quel viaggio di nozze nasce il primo figlio di Rossella «Una gravidanza liscia, mi hanno fatto il cesareo perché dopo quello che mi era successo sconsigliavano che affrontassi un parto naturale» Eppure solo qualche anno dopo, nell’attesa del secondo figlio, la vita la mette di nuovo a dura prova. Al quinto mese di gravidanza viene diagnosticata una malformazione cardiaca al bambino, Rossella e il marito devono andare al Sant’Orsola di Bologna per il parto. I letti scarseggiano, lei viene dimessa pochi giorni dopo il parto ed ospitata in una casa famiglia vicino all’ospedale, si tira il latte che viene portato al bambino ancora ricoverato in terapia intensiva. «Mi hanno fatto l’epidurale, ma io di quel giorno ricordo tutto, la sofferenza e l’ansia fortissime. Ma alla fine ce l’ho fatta, ho avuto questo secondo figlio che è davvero spettacolare». Il piccolo deve essere operato al cuore ad appena sette mesi, questo nuovo grande stress lascia il segno nel corpo di Rossella, i momenti più intensi nel bene e nel male continuano a lasciarla esausta, il dolore si fa via via più forte.
«Il 2 marzo del 2011 sono andata da un immunoreumatologo, questa dottoressa ha capito al volo che si trattava di spondiloartite. Iniziai a fare delle terapie biologiche, che in realtà biologiche non sono, sono terapie sperimentali. Potevo avere questi farmaci grazie alla mutua, per l’invalidità dovuta al problema avuto all’encefalo, io avevo l’esenzione ma non potevo non pensare a chi doveva pagarli: questi farmaci sarebbero costati 800 euro. Ho sempre pensato che mi dessero un giovamento più che altro psicologico.
Quando invece prendevo il cortisone stavo benissimo, anche per mesi, ma poi ne ho pagato le conseguenze, ho avuto un edema maculare. Nel 2011 la massa che ho in testa aveva iniziato di nuovo a crescere, per questo a un certo punto ho dovuto sospendere anche la terapia biologica.» Senza le terapie per Rossella c’è un tracollo, sono gli anni più duri, alla fine dell’estate del 2014 un cocktail di psicofarmaci e antidolorifici la porta in rianimazione.
Li hai presi perché il dolore era così forte da portarti fuori di te, pensavi di farlo passare o volevi farla finita?
«Se dicessi che non lo sapevo direi una menzogna. Ero così arrabbiata, volevo che fosse un campanello d’allarme, nonostante la mia famiglia fosse fantastica, volevo dare un segnale ai medici e a tutti coloro che non capivano, ero arrabbiata col mondo intero, forse anche un po’ con Dio. Ero consapevole di tutto, volevo solo addormentarmi, che senso aveva la mia vita passata solo a letto, non avevo più un motivo valido, neanche i miei figli in quel momento erano un motivo valido, pensa un po’ tu. Ora li vivo pienamente, posso godere delle loro gioie e dei loro dolori, posso essere una madre, allora avevo perso anche questo. I miei figli dovevano portarmi anche da mangiare a letto, ero come un vegetale, per alzarmi dovevo prendere antidolorifici fortissimi e in neppure due ore stavo di nuovo male. Per tutto il giorno non facevo altro che dormire, cercavo in televisione solo storie che assomigliassero alla mia. Ogni tanto scrivevo poesie per dare forma al mio dolore. Se le rileggo oggi mi sembrano esagerate, eppure mi sentivo davvero così.»
Chiedo a Rossella di usare il codice della poesia per dire con un’immagine il suo dolore, lei mi dice: «Ogni tanto guardo il crocifisso e dico: Gesù perdonami se soffro così tanto, tu solo puoi comprendere» quasi fosse un atto di presunzione soffrire quanto Dio in croce, sentirsi come lui inchiodata mani e piedi, con il dolore che immobilizza.
Rossella è certa che in ogni momento sua madre le abbia messo davanti le persone giuste, come angeli capaci di salvarla, così il primo medico che la operò, suo marito, la dottoressa che fece la diagnosi di fibromialgia secondaria, e poi l’incontro decisivo con il prof. Gianvincenzo D’Andrea, Vice Presidente della Fondazione ISAL.
«Quando andai da lui era il 23 Aprile del 2015, mi fece parlare a lungo e mi prescrisse i farmaci con cui iniziai la terapia del dolore. I primi giorni sono stati i più brutti della mia vita, in tutti i dolori della mia vita non ho mai sofferto tanto come in quei primi 19 giorni di terapia, il mio corpo doveva adattarsi ai nuovi farmaci ed è stato un incubo, non riuscivo a camminare. Ma il dottor D’Andrea come un padre mi faceva coraggio, era sempre disposto ad ascoltarmi, mi telefonava e continuava a dirmi resisti non demordere! E’ stato veramente meraviglioso con me»
Il ventesimo giorno di terapia per Rossella era l’11 maggio, quel giorno si inaugurava la Sede della Fondazione ISAL di Sulmona, quel giorno si inaugura anche la nuova vita di Rossella. La terapia del dolore inizia a fare effetto, lei esce per la prima volta dopo mesi senza il busto che portava, va a questa festa del guarire e si sente tra amici. «Mi sembrava di camminare a un metro da terra, non avevo più il dolore, ero felice»
Sono passati due anni e non ci sono stati più periodi neri, soltanto giorni un po’ più faticosi, ma nella serenità di una vita normale. Rossella si occupa della sua famiglia e della sua casa, quando incontra qualcuno in cui riconosce il dolore cronico passa il testimone di ISAL, perché il dolore è come un segreto, chi lo ha provato riconosce al volo chi vive lo stesso inferno, e condivide la cura come un bene.
«Sono fortunata» Questa è l’ultima frase che mi dice Rossella. La sua vita sembrerebbe tutt’altro che una vita fortunata, eppure questa frase esce naturale e sollevata dalle sue labbra. «Nella sfortuna sono fortunata» si corregge subito, eppure quella frase resta così vera, dice sulla terapia del dolore ed i suoi incontri molto più di quanto si creda.