“Ogni dolore assomiglia agli altri ma è unico” Intervista a Gianvincenzo D’Andrea
Il prof. Gianvincenzo D’Andrea è una delle colonne portanti di ISAL, Presidente della Associazione Nazionale Amici della Fondazione ISAL e Vice Presidente della Fondazione, il suo impegno per il dolore cronico dà seguito ad una lunga carriera, che lo ha portato a dirigere l’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Sulmona, il Dipartimento delle Terapie Intensive della ASL di Avezzano-Sulmona-Castel di Sangro e il Dipartimento Chirurgico della ASL de L’Aquila fino al pensionamento nel 2010, nonché ad insegnare Anestesia e Rianimazione all’Università degli Studi de L’Aquila. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche ed ideatore e promotore del progetto”Ospedale senza dolore” realizzato nel 2001 all’Ospedale di Sulmona.
In occasione dei molti eventi musicali che grazie al suo impegno hanno accompagnato ISAL in questi mesi, con la collaborazione di importanti artisti come Teresa De Sio, abbiamo rivolto a Gianvincenzo D’Andrea alcune domande, chiedendogli di raccontarci la sua storia e la sua visione della terapia del dolore.
Perché è importante utilizzare ogni mezzo, anche la sola presenza ad un concerto, per far conoscere il problema del dolore cronico alle persone?
«Tanti episodi della mia vita professionale, sia in ISAL che prima che incontrassi la Fondazione, dimostrano che molte persone afflitte da dolore cronico non sanno che esistono una possibilità di cura e centri in cui si trattano le patologie di cui soffrono; ciò è fonte di una serie di sofferenze veramente inutili. Mi è capitato tantissime volte di dare una svolta alla vita di queste persone, erano convinte che non ci fosse soluzione al loro problema: avevano sperimentato una serie di percorsi inadeguati. Con la terapia del dolore la loro esistenza è cambiata, hanno ritrovato una qualità di vita che non avevano più da decenni.
Queste persone si erano convinte che non ci fosse una soluzione e si erano ritirate nella loro solitudine, interrompendo i rapporti sociali e condannandosi a una sofferenza inutile.
Bisogna far capire a chi soffre di dolore cronico che una possibilità di cura c’è; esistono tante possibilità, occorre capire bene qual è il problema. Per chi soffre di un dolore violento, anche solo ridurlo del 50 per cento è un risultato percepito come quasi miracoloso. Io credo sia necessario far passare un messaggio di comprensione e di speranza: far capire a chi soffre che c’è qualcuno che vuole occuparsi del suo problema. Noi ci occupiamo del loro problema per aiutarli a trovare una soluzione, che nel 95% dei casi è disponibile.»
Come è nato il suo interesse per la terapia del dolore? E il suo rapporto con ISAL?
«Ero studente all’ultimo anno di medicina a Roma e girando per le bancarelle antiquarie trovai un libro che elencava i principi della Medicina Salernitana, la prima regola del Regimen Sanitatis Salernitanum era ‘Primum lenire dolorem’: la prima cosa di cui deve occuparsi un medico è alleviare il dolore. Questa cosa me la sono sempre portata dietro, mi ha fatto capire che un medico non può mai disinteressarsi al dolore di chi soffre. Quando ho avuto l’incarico di primario di anestesia e rianimazione all’ospedale di Sulmona, ho pensato che la prima cosa che volevo fare era creare un ospedale senza dolore. Lavorando e studiando mi resi conto che era possibile abolire il dolore post operatorio, bisognava solo trovare la modalità; riuscimmo a trovarla e a metterla in piedi. Cambiò radicalmente la situazione per tutte le persone sottoposte a intervento, finalmente vivevano la loro esperienza post operatoria senza soffrire e non erano contenti soltanto i pazienti, ma anche tutti gli infermieri.
Sapendo che esisteva una realtà come quella di ISAL, in cui il problema del dolore veniva affrontato in modo adeguato in termini di conoscenze, mi sono recato a Rimini con due collaboratori, ho conosciuto William Raffaeli ed è nata un’amicizia personale durata negli anni. Al momento del mio pensionamento ho pensato di mettere a disposizione le mie conoscenze in un attività di volontariato sanitario, così ho iniziato la mia collaborazione più attiva con ISAL, mettendo a frutto per questa realtà le mie competenze manageriali e professionali. All’interno di ISAL si è dimostrata una grande disponibilità nei miei confronti, sono diventato Consigliere d’Amministrazione, e successivamente Vice Presidente della Fondazione e Presidente della Associazione Nazionale Amici della Fondazione ISAL.»
Qual è per lei un’ingrediente fondamentale nella terapia del dolore?
«Credo che senza un atteggiamento di vicinanza, sia difficile far compiere al paziente il passo fondamentale per mettere in pratica le terapie. Se non c’è un rapporto empatico credo che non si riesca a salvarli dalla condizione psicologica in cui sono precipitatati e che li trattiene dal rapporto terapeutico. L’attività medica non può prescindere dall’ascolto e dal rendersi disponibile all’immedesimarsi; io dico sempre che i medici sono molto bravi a sopportare il dolore, ma quello altrui. Il dolore va capito in tutte le ripercussioni che ha sulla vita personale, altrimenti si può fare molto poco per persone che hanno un dolore cronico da anni e decenni.»
Tra le varie terapie che avete studiato e applicato, ce n’è una in cui crede particolarmente?
«Non ce n’è una più efficace dell’altra, ognuna deve essere adeguata al problema. Non esiste una terapia che possa andare bene per tutti, perché ogni dolore ha una propria peculiarità, ha bisogno di qualcosa che sia solo suo. Ogni dolore assomiglia agli altri, ma è una situazione a se, c’è qualcosa che lo differenzia. Non c’è una terapia migliore di un’altra, ma c’è una terapia migliore per quella condizione particolare, e va innanzi tutto riconosciuta.»
Quindi la capacità di un medico che fa terapia del dolore è combinatoria, sta nel saper riconoscere e costruire la terapia giusta per ogni persona.
«Esatto, e se non si conosce bene la persona che si ha di fronte, non si possono utilizzare farmaci che hanno una serie di interferenze sulla psiche. E’ indispensabile ascoltare a fondo e capire bene la struttura psicologica del paziente, per utilizzare in maniera opportuna i farmaci e suggerire il percorso terapeutico più adeguato.»
Grazie a medici come il dottor D’Andrea ISAL offre a tante persone una possibilità di cura, lo fa nella pratica quotidiana dell’ascolto e della cura, nella ricerca, nella sensibilizzazione della società ad un problema che riguarda milioni di italiani, anche attraverso eventi conviviali che possano essere occasione informativa e di incontro. Il 23 settembre il dottor D’Andrea sarà impegnato nell’Edizione Straordinaria di Biciclette contro il dolore, che si terrà nel Parco Nazionale della Majella.