Sabrina Bassi: “In acqua si spegne l’interruttore del dolore”
La storia di Sabrina Bassi è un esempio di forza, riscatto e di trionfo sul dolore una campionessa vera. Per un incidente stradale nel 2004, a poco più di vent’anni subisce una lesione che midollare che la costringe sulla sedia a rotelle. Incontra la passione per lo Sci Nautico e inizia ad avere grandi risultati in questo sport! Nel 2014 è costretta a rimuovere gli stabilizzatori spinali impiantati nel 2004: il dolore per lei diventa insopportabile. Nonostante questo nel 2015 è suo il record italiano di Slalom e un mese dopo vince una medaglia d’oro e una di bronzo ai Campionati Mondiali di Sci Nautico per Disabili. Nel Maggio 2016 si è sottoposta all’impianto di un neurostimolatore midollare ricaricabile (SCS – Spinal Cord S’molatur). Due mesi dopo Sabrina partecipa ai campionati europei di Seated Ski in Norvegia, vincendo la medaglia d’Argento. Quest’anno ha ricevuto la medaglia d’oro al valore atletico del CONI, ha partecipato ai mondiali e detiene il record italiano di passaggio tra due boe.
Vorrei che mi raccontasse come è arrivata a vincere il dolore attraverso lo sport e come ha incontrato anche ISAL.
«Ho iniziato 4 anni fa ad allenarmi, un amico mi ha invitato a vedere i ragazzi sciare, ho conosciuto Pietro De Maria, che anche lui è paraplegico e Daniele Cassioli che invece è non vedente, sono entrambi campioni del mondo.
Quando li ho visti sciare mi si è illuminato il volto e ho detto: Anche io voglio provare!
L’idea di fare sci nautico in un laghetto non rende, finché non vedi come si fa questo sport magari non sei invogliato, ma quando vedi gli altri ti prende.
Ho sempre avuto dolore dopo l’incidente, che è stato nel 2004, ho anche fatto un intervento ma il dolore è aumentato ancora. Poi mi hanno detto che a Varese c’era la possibilità di mettere un neurostimolatore, dopo vari accertamenti siamo arrivati alla conclusione che l’intervento poteva andare a buon fine. L’intervento è andato benissimo, rispetto a prima è tutta un altra vita, sono più libera dai dolori. Oltre che nello sport il neurostimolatore mi ha aiutata anche nella vita. Prima appena finivo di lavorare ero costretta ad andare a casa e sdraiarmi perché non riuscivo più a fare niente, il dolore era veramente forte, era terrificante. Anche nello sport non avere così tanto dolore significa riuscire ad allenarsi più spesso, con più forza e con più passione, se non devi pensare al dolore hai più voglia di fare mille cose.»
Chiedo a Sabrina se anche prima dell’incidente faceva degli sport a livello agonistico
«No, non a livello agonistico, anche se ho sempre fatto sport nella vita. Fino a quattro anni fa ho sempre fatto palestra.»
E’ quasi una grande eccezione la sua, è diventata una atleta nel momento in cui sembrava che la vita la costringesse a rinunciare per sempre all’uso delle gambe, ed è diventata una campionessa mondiale.
Gli sportivi sono esempi nell’affrontare e superare i propri limiti, questo nel suo caso si può dire a maggior ragione, perché il limite fisico che ha superato è ancora più grande.
Può raccontarmi qual è il segreto per trovare questa grande concentrazione?
«A me viene naturale, quando ho visto gli altri ragazzi fare sport mi sono subito appassionata.
Qual è la cosa che le piace di più quando fa sci nautico?
«La sensazione di riuscire ad arrivare. Non saprei come spiegarlo: quando sono sullo sci mi sento libera, tranquilla, in automatico scatta in me il desiderio di allenarmi per raggiungere sempre migliori obiettivi.»
Verrebbe da pensare che fare sport possa comportare dolore e fatica, e invece da quello che mi racconta Sabrina Bassi sembra che sia esattamente l’opposto.
«Quando entro in acqua magicamente si spegne l’interruttore del dolore, anche prima del neurostimolatore era così.»
Cosa pensa mentre sta segnando un nuovo record
«Mi sono passati ottomila pensieri in testa in quel momento. Sono andata a fare il mondiale per la prima volta, l’avevo presa un po’ come un gioco, ma la semifinale ed è andata veramente bene, un risultato che non mi aspettavo. Non le dico poi l’ansia e la paura che avevo, però sono entrata in acqua e ho detto: devo farcela! E quando sono riuscita a chiudere il campo avevo il cuore che batteva a duemila, la sensazione è stata fantastica, non ci sono parole, è un’emozione bellissima.»
Mentre Sabrina parla si sente la gioia, le dico che è raro che traspaia in questo modo.
«I miei amici mi dicono che sono un disabile molto particolare, perché nonostante i dolori io mi sveglio la mattina, resetto il dolore del giorno prima e dico: ok, è una nuova giornata!»
E stato così fin dall’inizio o lo sport la ha aiutata?
«E’ una questione di fortuna e sfortuna: Io ho avuto l’incidente quando avevo solo ventitré anni, la sfortuna ovviamente è il fatto di essere giovane, la fortuna è che quando si è giovani si è incoscienti, si vuole comunque tornare a vivere e c’è una forza in più. Quando ho avuto l’incidente il mio ex ragazzo mi è stato molto vicino e i miei amici mi hanno sostenuta tantissimo, quelli che ti stanno vicino non ti devono compatire, devono dirti ”muoviti, fai le cose come prima!”.»
Qual è stato il momento più difficile?
«I primi mesi, quando sei in rianimazione e ti dicono che non potrai più muovere le gambe, è un brutto colpo, ce l’hai con il mondo intero. Poi mi è venuto naturale questo desiderio di tirare fuori il meglio dalla situazione.
All’inizio non muovevo le gambe, ma sono arrivata dopo otto anni a camminare con le stampelle. I dottori ovviamente non ti dicono che potrai tornare a camminare, anzi ti dicono non si sa che cosa può accadere, io ho una lesione incompleta e questo mi ha permesso di tornare a camminare con le stampelle; non è un cammino funzionale ma almeno riesco a muovermi. Per me è fondamentale avere un obiettivo in testa, cercare di migliorare. All’inizio andavo in palestra sia di mattina che di pomeriggio, poi ho trovato un lavoro e ho iniziato ad andare solo il pomeriggio, e non ho mai saltato un giorno.»
Ha scoperto di essere un atleta così, con questa determinazione che è emersa?
«Caratterialmente io sono molto determinata, magari per certi versi sono fragile però se voglio una cosa mi batto. Ho conosciuto in ospedale una ragazza che aveva la mia stessa lesione, io scendevo in palestra ogni giorno, lei non aveva la stessa forza di provarci. Io invece dico: ci provo!»
Ed è così che ha provato, è salita sugli sci e ha fatto due record italiani…
Sabrina sorride e dice «Esatto»
«Quando sono in acqua non penso neanche al fatto di essere disabile – generalmente io non ci penso neanche quando sono fuori dall’acqua – però quando sono in acqua dico solo: devo chiudere quel campo! Poi a me piace proprio l’acqua, mi sento un pesce, ti puoi muovere liberamente in acqua anche se non cammini. Anche chi ha una lesione completa in acqua si può muovere e si è liberi dalle barriere. L’acqua è liberatoria.»
Un consiglio alle persone che iniziano ad affrontare il suo stesso percorso, cosa lascia a loro della sua esperienza?
«Il mio consiglio è di cercare in ogni modo una soluzione per risolvere il dolore, qualcosa di sicuro c’è.»