Un grande progetto per applicare in carcere la legge sul dolore cronico
Partono la prossima settimana negli istituti penitenziari di Milano S. Vittore, Viterbo e Rossano Calabro i corsi di formazione del progetto ‘’Carceri. Territorio senza dolore’’, nato da un’idea dell’avvocato Francesca Sassano, che da tempo collabora con ISAL e che al tema ha dedicato numerosi sudi e pubblicazioni.
Il Ministero della Salute ha affidato alla Regione Emilia-Romagna il progetto di “Prevenzione sanitaria nella popolazione carceraria: bisogni di salute e qualità dell’assistenza”. Vincendo il bando CCM, con questo progetto l’avvocato Sassano e ISAL pongono una pietra fondamentale per la doverosa applicazione della Legge 38/10 all’interno delle carceri.
Questione tanto importante quanto silenziosa, quella che accompagna la salute all’interno delle strutture penitenziarie – salvo balzare all’attenzione della cronaca soltanto in casi estremi – merita la necessaria attenzione.
Luogo quasi germinale per il dolore cronico, il carcere pone un’esigenza particolare nel riconoscimento delle patologie, laddove si fa sottile la linea che separa il sintomo reale dal desiderio di uscire dalla detenzione, anche solo per un trattamento sanitario. Perché questo rischio non comprometta i casi in cui è necessaria una terapia appropriata, acutizzando maggiormente il senso di abbandono ed isolamento dei detenuti, il progetto intende formare il personale interno affinché possa sostenere nel modo più appropriato questa necessità di civiltà e consapevolezza sociale.
Non solo un’attenzione al benessere dei detenuti, ma una reale emergenza. Per i servizi sanitari penitenziari trattare il dolore nelle persone detenute è argomento quotidiano sia per i suoi aspetti psicologici, che per le implicazioni derivanti dalle prescrizioni farmacologiche, rese più ardue da alcune variabili dovute al contesto carcerario come la possibilità di manipolazione e il rischio di commercio interno. La disapplicazione in carcere della legge 38/2010 pone tuttavia molte domande: può uno stato permanente di dolore influire negativamente sull’evoluzione dei programmi tesi al recupero sociale? Può la disabilità che il dolore genera condizionare la capacità di inserimento nel lavoro, spingendo quindi al delinquere?
Accogliere la regolare applicazione della Legge 38/10 nelle carceri italiane non equivale solo ad un dovuto controllo del dolore e al successivo ripristino di una vita migliore che difende il diritto di cura, ma è anche una formidabile opportunità di recuperare il desiderio di cambiare la propria vita. Attraverso questo progetto l’applicazione della legge verrà sperimentata per sei mesi all’interno di tre carceri dislocati lungo l’intera penisola: Milano S. Vittore, Viterbo e Rossano Calabro. Su tutte le cartelle cliniche e nei nuovi ingressi sarà applicata la “cartella di analisi del dolore”; elemento centrale del progetto è il fatto di non affidare questo compito di valutazione a soggetti esterni, ma a chi vive ogni giorno la realtà penitenziaria, perché le competenze diventino un patrimonio stabile e condiviso.
Un altro elemento chiave del progetto è valutare il modo più corretto e sicuro per attuare una buona cura che contempli l’uso di oppioidi, terapia che necessita di particolare cautela in presenza di un’alta incidenza di persone dipendenti o con trascorsi di dipendenza da sostanze stupefacenti.
Il progetto prevede l’applicazione di due differenti programmi formativi, abbinando ai seminari anche la distribuzione di un opuscolo informativo sul dolore cronico e sui modi per riconoscerlo e curarlo. Con la speranza che il progetto possa diventare una realtà estesa su tutto il territorio nazionale, e un salto di qualità nella consapevolezza e nella civiltà, in un luogo in cui oggi il dolore cronico trova terreno fertile e poco ascolto.