Dolore e anziani
I progressi della medicina hanno portato ad un allungamento della vita media, ad una maggior sopravvivenza rispetto alle malattie neoplastiche, ad un migliore controllo delle patologie croniche degenerative.
Nei Paesi Occidentali l’aumento della longevità della popolazione pone importanti sfide sociali, sanitarie ed economiche. Attualmente in Europa un quinto della popolazione ha più di 60 anni e si prevede che nel 2035 un quarto della popolazione europea sarà composta di ultrasessantacinquenni.
Indagini epidemiologiche stimano che circa il 60% dei soggetti oltre i 60 anni soffre di dolore cronico.
Entro il 2050 i soggetti con età superiore a 60 anni nel mondo raggiungeranno la cifra di 2 miliardi.
Un obiettivo da perseguire è quello di mantenere un livello di autonomia adeguato e una buona qualità di vita. La riduzione della fragilità nella vecchiaia, passa anche attraverso il controllo del dolore cronico e riveste un ‘importanza considerevole per l’individuo e la società perché l’aumento dei casi di disabilità comporta crescenti costi sanitari.
Il mancato riconoscimento e l’inadeguato trattamento del dolore cronico e la conseguente disabilità che ne scaturisce sono fattori rilevanti che incidono inevitabilmente sulla qualità di vita nell’anziano, che sfociano conseguentemente nella difficoltà ad espletare le attività di base della vita quotidiana e possono comportare lo sviluppo di depressione, di declino motorio e cognitivo.
L’approccio al tema del dolore nel paziente anziano rappresenta certamente una sfida difficile, perché è richiesto un approccio mirato, diverso da quello negli adulti non anziani, in quanto ad una alterata percezione del dolore, dovuta a fattori degenerativi, spesso si associano problemi cognitivi che possono indurre a sottostimare il dolore. Inoltre la presenza endemica di patologie croniche e la fragilità clinica che ne deriva, limita le opzioni terapeutiche praticabili, aumentando il rischio di un trattamento antalgico inadeguato.
Dott. Rosario Chianese
medico in anestesia, rianimazione , terapia del dolore e cure palliative
presso Asl 1 di Sassari
In nessun segmento della popolazione il dolore risulta maggiormente prevalente rispetto agli anziani.
I cambiamenti anatomici e funzionali dell’organismo umano connessi al naturale processo di invecchiamento possono spiegare agevolmente l’insorgenza delle tipiche manifestazioni dolorose, come pure la ridotta tolleranza delle manifestazioni stesse.
Diversi studi, poi, indicano che gran parte dei residenti nelle case di riposo soffrono di un dolore che interferisce con la possibilità di svolgere normalmente gli atti della vita quotidiana.
Appare chiaro, quindi, che il dolore nell’anziano è trattato spesso in modo insufficiente.
Ciò sembrerebbe dipendere da una inadeguata valutazione sanitaria del problema e, forse, dalla riluttanza da parte di molti medici a prescrivere i farmaci idonei (ex oppioidi) a dosaggio adeguato.
Va ricordato, però, che nell’anziano le modificazioni funzionali a carico degli organi responsabili del metabolismo dei farmaci (fegato e reni) possono modificare significativamente gli effetti della terapia.
La valutazione del dolore nel paziente anziano deve essere fatta, pertanto, in modo scrupoloso ricordando che i sintomi rilevabili possono essere diversi rispetto ai soggetti giovani.
Infatti se un infarto miocardico può essere silente, il mal di testa può dipendere da malattie severe quali l’arterite temporale, l’ematoma subdurale (dopo un trauma cranico ) e squilibri elettrolitici.
Il trattamento del dolore nell’anziano può prevedere sia l’utilizzo di farmaci non oppioidi che di quelli oppioidi e, quando il rischio di reazioni avverse è particolarmente alto, si può ricorrere a terapie non farmacologiche.
In quest’ultimo caso (e quando indicato) la TENS, la stimolazione elettrica nervosa percutanea e l’agopuntura possono arrecare giovamento.
Ugualmente utili possono risultare le tecniche di rilassamento e di biofeedback o ipnosi, come pure la terapia occupazionale.
Quando la terapia farmacologica è praticabile va ricordato che la sicurezza è più importante dell’efficacia; per questo motivo le condizioni mentali del paziente, l’assunzione di altri farmaci con il rischio di interazioni e le modificazioni fisiologiche dell’invecchiamento, richiedono una precisa valutazione del dosaggio ed un accorto monitoraggio degli effetti.
In conclusione, una precisa valutazione del dolore presente nel paziente anziano, un’adeguata identificazione della storia clinica e delle condizioni presenti e l’attenzione alle terapie già in atto per eventuali comorbilità, consentono ad un medico esperto in terapia del dolore la scelta della giusta terapia per alleviare la sofferenza, ridare la maggiore capacità di movimento autonomo e preservare, così, la dignità della persona anche nell’età conclusiva della vita.
Prof. Gianvincenzo D’Andrea,
Vicepresidente di Fondazione ISAL