In Italia la cannabis terapeutica e’ ancora tabu’
Aiuta a curare il dolore e da tre mesi potrebbe essere venduta nelle farmacie, ma i medici che la prescrivono sono pochissimi e pochissimi, quindi, i pazienti che la usano legalmente: l’articolo di Antonio Castaldo pubblicato su “Donna Moderna” del 15 maggio 2013.
“Stop alle persecuzioni per i consumatori di cannabis, accesso immediato all’uso terapeutico, diritto a coltivarla”. Con questo slogan, il 4 maggio, centinaia di migliaia di persone in 200 città di tutto il mondo hanno partecipato alla Million marijuana march per chiedere la liberalizzazione. Già ora, però, la marijuana non è più (solo) una droga: è un farmaco che può essere venduto in farmacia con ricetta medica. Lo ha stabilito un decreto del ministro della Salute, in vigore dal 23 febbraio dopo un lungo percorso iniziato con una legge del 2007. Da sei anni in Italia si possono usare medicinali a base di cannabis per sciogliere gli spasmi della sclerosi multipla, stimolare l’appetito dei malati di Aids, alleggerire i postumi della chemioterapia. Ma i medici che li prescrivono sono pochissimi. E poche centinaia i pazienti autorizzati a usarli.
All’estero, dalla Spagna alla Gran Bretagna, basta una ricetta per acquistare marijuana a uso terapeutico. Da noi, si può avere dalle farmacie ospedaliere solo in 4 regioni: Toscana, Veneto, Marche e Puglia L’iter è lungo: ottenuta la prescrizione, si fa richiesta al ministero della Salute e, dopo l’ok, dall’Asl parte l’ordine alle aziende straniere che inscatolano cannabis. Ci sono pazienti in attesa da ottobre, altri da giugno. Così molti ricorrono al mercato nero o la coltivano sul balcone. In ogni caso infrangono la legge. Certo, è una sostanza delicata, non priva di pericoli. Ma nel rapporto rischi-benefici la letteratura scientifica è concorde: la cannabis può aiutare. Non in Italia, a quanto pare.
Lucia Spiri e Andrea Trisciuoglio condividono la stessa maledizione: la sclerosi multipla. Entrambi hanno difficoltà a camminare. Entrambi la notte soffrono le pene di una malattia che ti ruba il corpo e trafigge i muscoli con lame invisibili. Entrambi, per caso e per fortuna, hanno incontrato la cannabis. “Io sono resuscitata” dice Lucia che ha 31 anni e da 11 è malata. Ha sperimentato la cannabis nel 2008 ad Amsterdam: “Pensavo di rimanere per sempre incatenata alla carrozzina. Dopo due giorni di tisane alla marijuana ho iniziato piano piano a camminare”. Andrea è invece un militante radicale. E il pallino della cannabis libera ce l’ha sempre avuto. Da quando si è ammalato, però, si è gettato nella battaglia antiproibizionista con passione. “Nel 2010 ho avuto l’autorizzazione all’uso di farmaci a base di cannabis. E come per magia i dolori notturni sono spariti, gli spasmi si sono attenuati. Ora mi muovo da solo”.
Lucia e Andrea ce l’hanno fatta anche perché la Puglia, dove vivono, ha approvato una delibera. Per aiutare gli altri malati hanno fondato a Racale (Le) il primo Cannabis Social Club: progettano di coltivare la marijuana e distribuirla a chi ne avrà bisogno. È un reato, e loro lo sanno. Per Lucia, però, non c’è problema: “In questo modo ho ripreso a camminare. E allora mi chiedo: perché io sì e gli altri no?”.
“Una pugnalata alla schiena, dalla colonna vertebrale al collo. Ogni mattina il risveglio su un letto di spine. E nausea, gambe di gelatina, la mano che non stringe”. Così Elisa Bertoro, 34 anni, designer di Torino, descrive la sua malattia: la fibromialgia, una sindrome che provoca un dolore muscolare cronico e diffuso. Per 4 anni ha cercato una cura. Ha provato decine di medicinali: miorilassanti, antinfiammatori, codeina, antidepressivi. Niente da fare. II dolore aumentava e si portava dietro grappoli di effetti collaterali.
“Più di una volta sono andata a letto sperando di non risvegliarmi” racconta. “Lessi della cannabis e presi la mia decisione”. È stato così che Elisa ha fumato il suo primo spinello: “Miracolo, il dolore si attenuava”. Ha subito smesso con le canne, però, ed è passata alla cucina a base di cannabis: biscotti, gelatine aromatizzate alla frutta, tisane. “Mescolo la marijuana al burro o all’olio, così posso ingerirla in gocce, sotto la lingua”. Per lei è stato come rinascere: “Dolori quasi spariti, niente tremori, niente freddo. La mente libera, di nuovo creativa”. Elisa ha ripreso a disegnare, a guidare, a vestirsi in modo sgargiante. Quando è tornata in ospedale, le hanno detto che credevano nell’efficacia della cannabis: “Ma non me l’hanno prescritta. Mi hanno detto che dovevo procurarmela da sola, come avevo fatto fino a quel momento. Cioè illegalmente”.
Le ragioni dei pro. Diego Centonze, direttore del Centro sclerosi multipla al Policlinico Tor Vergata di Roma, prescrive abitualmente farmaci a base di marijuana: “Sperimentazioni convincenti, che hanno raggiunto livelli di solida evidenza scientifica, dimostrano che la cannabis stimola l’appetito nel malati di Aids e aiuta a curare II dolore. In diverse patologle neurologiche riesce a dimezzare i livelli di sofferenza. Anche se, va detto, nel caso della sclerosi multipla la cura fa effetto solo nel 50% del casi”.
E quelle dei contro. Giuseppe Remuzzi, responsabile della ricerca all’istituto Mario Negri di Bergamo, invita alla cautela sull’uso medico della marijuana: “Ci sono studi che suggeriscono qualche vantaggio, ma la questione non è ancora stata affrontata in modo rigoroso. A mio avviso i benefici non sono eccezionali: per esempio, la cannabis serve a poco contro Il dolore causato dal cancro. Inoltre, non vanno sottovalutati gli effetti collaterali, come la riduzione della capacità dl concentrazione”.
“Ho smesso di sentire dolore”. Roberto (quando lo incontriamo, chiede di usare un nome di fantasia e di non essere fotografato) ha pescato coralli per 11 anni: “Scendevo a 110 metri di profondità. Nel buio assoluto. Accendevo la lampada ed era come trovarmi in un campo di ciliegi”. Chi cerca l’oro rosso sul fondo del mare resta giù 30 minuti. Poi 6 ore in camera iperbarica. “Sette volte su dieci ti viene un’embolia. Io ne ho subite 18. A un anno dal ritiro decisi di operarmi per un’ernia cervicale. Sbagliarono l’intervento. E ora vivo così, inchiodato alla carrozzella”. Paraplegico.
Ogni notte il suo corpo prende fuoco: “Le ginocchia, le gambe, il bacino diventano carboni ardenti. Ho provato ogni antidolorifico: nulla. Un giorno un medico mi disse: ‘Può curarsi con 20 pillole al giorno. O può scegliere una cura omeopatica, diciamo così’. E mise sul tavolo un pezzo di marijuana”. Da allora Roberto inala 5 grammi di cannabis al giorno. I dolori sono scomparsi: “Si fanno sentire solo al risveglio, dopo 6 ore di sonno”. Il problema è la prescrizione. “Quando la chiedo, il mio dottore mi guarda come fossi un marziano”. Allora ha cominciato con i pusher. E continua ancora oggi: “L’anno scorso ho dato agli spacciatori almeno 6.000 euro”. Ora ha sul balcone una piccola serra. “Ovviamente non posso coltivarla io, la cannabis. Ci pensa mia moglie. Ha il pollice verde, ma non sopporta gli spinelli. Lo fa solo per amore”.
Guarda anche la video-inchiesta di Antonio Castaldo pubblicata da Corriere.it