William Raffaeli: “Il nostro impegno nella ricerca”
Sono quattro le ricerche rilasciate nel 2013 dalla Fondazione ISAL per capire come funziona il meccanismo di percezione del dolore, quanto siano efficaci i farmaci oppiacei contro il mal di schiena e il mal di testa persistenti e quale sia il rapporto tra l’ictus e il dolore. Basta digitare “Raffaeli W.” su PubMed, il principale portale gratuito di letteratura scientifica medica mondiale, per trovare tutte le pubblicazioni collegate alla Fondazione ISAL e realizzate negli ultimi due anni in collaborazione con università e istituti. “Il nostro impegno è rivolto soprattutto all’ambito clinico e della ricerca di base” sottolinea il professor William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL.
Rispetto alla ricerca di base, la Fondazione ISAL vuole identificare un modello animale utile allo studio dei meccanismi di percezione del dolore: un organismo modello che abbia le qualità della facile e ampia replicabilità con tempi brevi e che sia economicamente sostenibile. Caratteristiche che sono state identificate nel danio rerio, al centro di due studi di quest’anno, finalizzati a valutare le specificità della via nocicettiva e le caratteristiche delle risposte agli stimoli dolorosi. “Pur nelle difficoltà che caratterizzano uno studio con questi modelli animali – spiega Raffaeli – sono state confermate le credenze di un’attività antinocicettiva con marker biologici”. Ricerche che hanno dimostrato potenzialità interessanti e che potrebbero procedere con studi di settore “tesi a definire se vi siano elementi predittivi dello sviluppo di dolore cronico, dopo lesioni dell’integrità fisiologica” precisa il presidente della Fondazione ISAL.
Nell’ambito della ricerca clinica, invece, è stata pubblicata un’analisi genetica della risposta ai farmaci della categoria oppioide per il trattamento del dolore rachideo e dell’emicrania persistente. “I dati suggeriscono un’importante novità relativa a un’interazione della risposta terapeutica con la farmacogenomica modificata dalla condizione di patologia di base – racconta il professor Raffaeli –. Nei prossimi studi cercheremo di capire ancor più come le terapie dolorose inducano stati di malattia capaci di modulare la risposta ad un medesimo farmaco”. Le ricerche del 2013 si sono impegnate a continuare quanto già fatto negli anni precedenti, privilegiando l’indagine sui modelli di ottimizzazione nei processi di cura con farmaci analgesici centrali, su come gestire rotazioni di pazienti con alte dosi di oppioidi, su come attuare detossicizzazioni senza indurre sindromi astinenziali e sul modello di monitoraggio da utilizzare per prevenire l’abuso di queste molecole. “Si tratta di un ramo della ricerca – afferma Raffaeli – che rappresenta la mission che la Fondazione, assieme a Federdolore, si è data per implementare i registri delle buone pratiche cliniche in Italia”.
L’ultima ricerca, di natura epidemiologica e condotta nella provincia di Rimini, è invece tesa a indicare l’incidenza di dolore cronico di natura centrale nei pazienti che hanno avuto ictus (Cpsp – Central post-stroke pain). L’indagine ha dimostrato che dopo un ictus l’11% delle persone sviluppa un dolore persistente e quotidiano che può durare oltre i 5 anni, evidenziando anche una scarsa specificità del trattamento farmacologico. “La ricerca ha sottolineato come i medici abbiano atteggiamenti professionali estremamente diversificati di fronte al dolore del paziente” commenta Raffaeli, che conclude: “Questo induce a ipotizzare la necessità di una forte azione di formazione per evitare che la grande sofferenza della persona sia aggravata dalla difficoltà ad avere una cura efficace”.
Per consultare le ricerche complete, conoscere i partner di ricerca della Fondazione ISAL e le riviste che hanno pubblicato i singoli articoli, visitare PubMed.