Terapia del dolore cronico

Le persone con dolore cronico cercano su internet la soluzione

La maggior parte delle persone affetta da dolore cronico naviga su internet per cercare informazioni sui propri sintomi e terapie, ma la qualità dei siti web è spesso modesta. È quanto è emerso a Firenze nel corso dell’ottavo congresso dell’Efic, la Federazione europea di medicina del dolore, in cui è stato presentato un sondaggio eseguito dall’Ospedale universitario di Ginevra su un campione di 55 pazienti, due terzi dei quali affetti da dolore muscolo-scheletrico e circa un quarto da dolore neuropatico.

La maggior parte dei pazienti affetti da dolore cronico cerca in rete informazioni sanitarie, ma pochi di loro fanno parte attivamente di social media o forum – commenta Christine Cedraschi, presidente dell’Associazione svizzera per lo studio del dolore –. Molti, invece, utilizzano le informazioni trovate online per porre domande ai propri medici”.

Tra le ricerche-web più frequenti ci sono il dolore neuropatico, lombare e muscolo-scheletrico, come pure i farmaci oppiacei, antidepressivi e antiepilettici. “Un terzo degli intervistati ha confermato che le informazioni trovate online hanno avuto un effetto positivo, soprattutto perché li incoraggiavano a porre domande più precise al loro medico” continua Christine Cedraschi.

La maggioranza (57%) delle persone intervistate si ritiene soddisfatta dei risultati delle ricerche, anche se quasi la metà si è posta il dubbio sulla qualità dei siti. Qualità che spesso, però, è modesta, come conferma un altro studio condotto dall’Università La Sapienza di Roma proprio per valutare precisione, autorevolezza, completezza, attualità, densità, interattività, obiettività e disponibilità delle informazioni.

Circa il 40% dei siti web ha ottenuto un buon punteggio – osserva uno degli autori dello studio, Arianna Camilloni – per la completezza delle informazioni su sintomi del dolore, trattamenti e opzioni interattive”. Spesso però, continua, i siti web che si occupano di dolore “non offrono informazioni di buona qualità che siano ben accessibili ai pazienti”.

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