Terapia del dolore cronico

Vanni Caruso, ricercatore e borsista ISAL, vince il primo premio del progetto YAP nella categoria “biologi”

Vanni Caruso, borsista della fondazione ISAL e ricercatore al dipartimento di Neuroscienze dell’Uppsala University (Svezia), ha vinto il primo premio nella categoria “biologi” del progetto YAP (Young Against Pain), un’iniziativa lanciata dall’Università di Parma e da SIMPAR (Study in Multidisciplinary PAin Research), con il sostegno dell’azienda farmaceutica Grünenthal, allo scopo di supportare 30 giovani ricercatori di base e medici specialisti italiani coinvolti in progetti di studio riguardanti la terapia del dolore acuto e cronico. Vanni è stato premiato in occasione del convegno SIMPAR, che si è svolto a Roma il 27 e 28 marzo, per la sua ricerca di base tesa ad analizzare in che modo un recettore specifico, localizzato a livello del midollo spinale, possa essere attivato e modulato nelle sindromi dolorose croniche. 

Questo studio potrebbe aiutare a comprendere meglio i meccanismi fisiopatologici del dolore cronico, e al contempo a individuare nuovi bersagli sensoriali per terapie più efficaci. Per la categoria “medici anestesisti” si è aggiudicata il primo posto Sara Tigano dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, con una ricerca che mira a verificare se il magnesio, somministrato per via subaracnoidea, possa aiutare a controllare il dolore cronico; vincitrice della categoria “medici non anestesisti” è Silvana Montella dell’Università di Napoli, con una proposta di studio per caratterizzare i predittori genetici in grado di suggerire la terapia ottimale dei pazienti con emicrania. “Questo premio è molto importante, in primo luogo perché offre la possibilità di relazionarsi con altre modalità di studio e differenti approcci: la ricerca ha successo quando si crea interdisciplinarità”, racconta Vanni. “Entrando in contatto con gli altri studiosi coinvolti dallo YAP, ho integrato i miei studi con le ricerche a livello italiano, con le quali avevo perso i contatti vivendo e lavorando all’estero”. Di rientro in Svezia, il ricercatore si dedicherà ai progetti a cui lavora da tempo, tra i quali quello recentemente premiato.

“Il gene che sto studiando – chiarisce – codifica per una proteina di membrana chiamata SLC18A4, la cui funzione è tuttora sconosciuta. Questa proteina è altamente affine per il trasporto di glutammato, amminoacido di fondamentale rilevanza nella plasticità sinaptica e nella trasmissione dello stimolo nervoso e nella modulazione dello stimolo doloroso. Abbiamo creato dei knockout mouse models in cui il gene è stato deleto nel cervello e poi nel midollo spinale in modo da caratterizzarne la funzione fisiologica. Dai primi risultati, si pensa a una implicazione del gene nella memoria, nei meccanismi di dipendenza e ad un coinvolgimento nella trasmissione dello stimolo doloroso a livello degli interneuroni del midollo spinale”.

Un cervello in fuga? “In realtà in Italia si fa dell’ottima ricerca, spesso ci sottovalutiamo da soli”, dice lo studioso. “Personalmente, ora ci tengo a portare avanti i progetti che ho iniziato all’Università di Uppsala”. Il suo rapporto con ISAL risale all’anno scorso, ed ha avuto inizio grazie a una borsa di studio della Fondazione che ha contribuito a finanziare la sua ricerca: un investimento per il futuro che, visti i risultati ottenuti da Vanni Caruso, ha già dimostrato la sua importanza.

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