Terapia del dolore cronico

Alleviare il dolore infiammatorio senza bloccare l’infiammazione

Rimini, 29 settembre 2025

Un gruppo di ricerca guidato dal Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Firenze, in collaborazione con la New York University, l’Università della California di San Diego e lo spin-off fiorentino FloNext Srl, ha identificato un nuovo bersaglio per trattare il dolore infiammatorio. I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Communications, aprono la strada a opzioni innovative di terapia del dolore che potrebbero offrire sollievo dal dolore senza compromettere i processi di guarigione.

Il ruolo delle prostaglandine e il limite degli antinfiammatori tradizionali

Il dolore infiammatorio è un meccanismo protettivo dell’organismo: segnala la presenza di un danno e favorisce il riposo e la riparazione dei tessuti. Attualmente viene trattato con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), che agiscono bloccando la sintesi delle prostaglandine, mediatori chiave dell’infiammazione.
Tuttavia, questa azione non è selettiva: oltre a ridurre il dolore, può rallentare la guarigione e provocare effetti collaterali come danni gastrointestinali, renali e cardiovascolari.

Due percorsi distinti: infiammazione vs. dolore

Lo studio ha mostrato che le prostaglandine rilasciate durante l’infiammazione agiscono attraverso due vie separate:

  1. Infiammazione: avviene tramite un processo indipendente dal recettore EP2, che comporta edema, infiltrazione di leucociti e rilascio di molecole infiammatorie.

  2. Dolore: si attiva quando le prostaglandine legano il recettore EP2 presente sulle cellule di Schwann, cellule che avvolgono e proteggono le fibre nervose.

Questa scoperta dimostra, per la prima volta,come il dolore possa essere modulato senza interferire con l’infiammazione utile alla guarigione.

Studio preclinico e prospettive future

È importante sottolineare che la ricerca è stata condotta su modelli animali (topi). Sebbene i risultati siano estremamente promettenti, saranno necessarie ulteriori indagini per confermare che questo meccanismo sia presente anche nell’uomo.
Il prossimo passo sarà sviluppare molecole o strumenti capaci di bloccare selettivamente il recettore EP2 nelle cellule di Schwann, con l’obiettivo di creare terapie mirate e sicure.

Implicazioni per il dolore cronico

Questa scoperta potrebbe avere un impatto significativo su condizioni caratterizzate da dolore cronico infiammatorio, come ad esempio osteoartrosi e artrite reumatoide. Per queste patologie, in cui la gestione del dolore è una priorità ma i FANS possono risultare problematici, un approccio selettivo rappresenterebbe una vera rivoluzione terapeutica.

Per la Fondazione ISAL, da sempre impegnata a migliorare la qualità di vita delle persone con dolore cronico, questo studio rappresenta un passo avanti verso cure più efficaci e rispettose dei meccanismi naturali dell’organismo.

L’articolo completo in inglese è disponibile gratuitamente a questo link: https://www.nature.com/articles/s41467-025-63782-8#Sec10